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Connessi all'Opera, 29 Agosto 2022 |
Fabio Larovere |
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Verdi: Aida, Arena di Verona, 28. August 2022
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Aida, Verona 28.8.2022 |
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L’applauso scatta quando l’altoparlante annuncia il suo nome tra i
protagonisti in locandina. La temperatura emotiva della serata del debutto
operistico di Jonas Kaufmann all’Arena di Verona si misura anche da questo
particolare. Colui che è considerato “il” tenore per eccellenza dei nostri
giorni arriva nell’anfiteatro scaligero – di fatto esaurito in ogni ordine
di posti – a pochi giorni dal discutibile esito della presenza di quello che
è stato uno di maggiori tenori del passato, Plácido Domingo.
L’opera
del debutto areniamo di Kaufmann è l’ormai storica Aida firmata nella regia
e nelle scene da Franco Zeffirelli: bello spettacolo, indubbiamente, ma che
a un “animale da palcoscenico” come il nostro sta oggettivamente un po’
stretto. Nel senso che non si tratta di una regia che punta tanto sulla
capacità attoriale dei protagonisti, quanto sul sontuoso apparato visivo che
si dispiega di fronte al pubblico. Così, quando il tenore si affaccia sul
palco per cantare “Celeste Aida”, il pesante costume di cui è rivestito
sembra quasi imbrigliarlo in una rigidità che è anche vocale. Si fa comunque
apprezzare il gioco dei chiaroscuri, con la prodezza della conclusione sul
si bemolle attaccato piano, quindi rinforzato e nuovamente smorzato. La
prestazione di Kaufmann è in crescendo e tocca il suo apice nel terzo e
quarto atto del capolavoro verdiano, ossia quando Radamès può sfoggiare, nei
duetti con Amneris e Aida, una notevolissima varietà di accenti. Il tenore
tedesco convince appieno per un fraseggio che coniuga mirabilmente la
dimensione eroica del condottiero con quella estatica dell’amante, grazie a
un accento fiero, virile a cui fanno da contraltare le innumerevoli
sfumature. Gli acuti sono sicuri, i pianissimi efficaci, lo stesso
innegabile carisma scenico dell’artista può liberarsi ed emergere con forza.
Certo, restano le perplessità a fronte di una emissione del tutto singolare,
che dà a volte l’impressione di una voce che sta piuttosto “indietro”. Ma
tant’è.
Nel ruolo del titolo ha fatto molto bene Maria Josè Siri,
Aida che punta soprattutto sul lato lirico del personaggio. La voce è bella,
solida e timbrata, la linea di canto ferma e ben appoggiata, sorvegliato il
fraseggio. Vigorosa ed espressiva l’Amneris di Olesya Petrova, voce grande e
interprete tormentata, molto applaudita dal pubblico. Non sullo stesso
livello, purtroppo, le prove degli altri cantanti: Sebastian Catana
(Amonasro), che abbiamo ascoltato in prove migliori, era in difficoltà nella
salita all’acuto e nella linea di canto, piuttosto ruvida. Lo stesso dicasi
per la prestazione dei due bassi, Romano Dal Zovo (il Re) e Abramo Rosalen
(Ramfis), entrambi solidi professionisti ma evidentemente non in serata.
Ottimo il messaggero di Riccardo Rados e apprezzabile la sacerdotessa di Yao
Bohui. Si è disimpegnato bene il coro, istruito da Ulisse Trabacchin, così
come hanno raccolto vivo successo i bravissimi danzatori: Anna Sophia
Scheller, Marianna Monteleone, Alessandro Staiano.
Dal podio, Daniel
Oren firma una direzione tesa e vibrante, teatralissima nello sbalzare i
contrasti dinamici e gli improvvisi soprassalti drammatici. La scena del
tempio ha una misteriosa solennità, il trionfo è monumentale, ma l’entrata
di Amonasro e il successivo concertato hanno una efficacissima stringatezza,
il giudizio ha un ritmo incalzante. Si capisce che il maestro israeliano ha
non solo una profonda conoscenza della partitura verdiana, ma pure
dell’orchestra che dirige e degli spazi entro cui risuona questa musica
superba.
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