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Giornale della Musica, 20 APRILE 2021 |
Stefano Nardelli |
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Wagner: Parsifal, Wiener Staatsoper, 18. April 2021 (Stream, Aufzeichnung vom 11. April 2021)
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Parsifal |
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Un maturo Parsifal rivive la propria giovinezza attraverso i ricordi.
Raccontando la sua vicenda, per Parsifal il tempo diventa spazio, nel quale
incontra il suo io di prima: era un detenuto senza nome a Monsalvat, un
centro di detenzione per criminali. È la trama dell’ultima opera di Richard
Wagner secondo il russo Kirill Serebrennikov, che segna il suo debutto come
regista, scenografo e costumista all’Opera di Stato di Vienna. Tuttora agli
arresti domiciliari per una presunta frode ai danni del Ministero della
Cultura della Federazione russa, il regista Serebrennikov si è sempre
professato innocente ed è più che un semplice sospetto che si tratti
dell’ennesimo attacco a una voce dissidente nella Russia putiniana. Da lungo
tempo, soprattutto nei paesi di lingua tedesca, molti intellettuali sono
mobilitati a suo sostegno e non sono stati pochi i teatri lirici da Amburgo
a Stoccarda, da Zurigo a Berlino, che hanno affidato a Serebrennikov
produzioni, dirette a distanza dal confino moscovita. Alla lista si aggiunge
ora anche Vienna, che, dopo qualche sospensione per via di focolai di Covid
fra le maestranze coinvolte nelle prove, ha finalmente tenuto a battesimo
questo suo nuovo Parsifal, presentato in streaming attraverso la piattaforma
Arte concert.
Nonostante una certa radicalità nell’impostazione
drammaturgica dell’opera wagneriana, non si tratta di una lettura in chiave
politica ma di una vera e propria riscrittura che ha un taglio decisamente
cinematografico e una certa coerenza, per molti versi accattivante, anche se
certamente destinata a scontentare l’ala più conservatrice delle platee
wagneriane, ammesso che dopo decenni di operazioni di questo tipo ci possa
essere ancora spazio per le sorprese. Dunque niente cavalieri del Sacro
Graal, niente cerimoniali religiosi né castelli incantati né tantomeno
esotismi. La scena è quella di una prigione di massima sicurezza dove
trionfa la corruzione e gli atti di violenza fra detenuti. Si lotta per la
sopravvivenza e la stessa idea del mondo di fuori è distorta e filtrata
attraverso la dura esperienza del carcere. La religione stessa è vissuta in
maniera del tutto personale e ridotta a simboli per lo più tatuati sulla
pelle dei detenuti. Amfortas si autoinfligge punizioni corporali vittima di
un tremendo senso di colpa o inadeguatezza nei confronti del padre Titurel.
Il sacro cigno che Parsifal uccide è il “cigno bianco”, un giovane detenuto
albino efebico, che tenta una avance nelle docce e viene sgozzato dal
giovane Parsifal con una lametta nascosta in bocca. Come un’autentica “dark
lady”, Kundry è una reporter attratta soprattutto dalla fisicità animalesca
dei corpi dei detenuti e del giovane Parsifal in particolare. Con il
pretesto di una photosession nella sede della rivista “Schloss” (Castello)
diretta dal sinistro Klingsor, alla quale la giornalista è totalmente
asservita, Kundry cerca di sedurre Parsifal dopo averne vinto la resistenza
evocando la figura della madre morta di crepacuore (informazioni carpite
dalla giornalista da un fascicolo giudiziario). Parsifal si ribella e Kundry
gli punta la pistola salvo rivolgerla verso Klingsor e farlo fuori
freddamente crivellandolo di colpi. Lì finisce il ricordo del Parsifal
maturo, che rivive quegli eventi come uno spettatore in un teatro e che, a
distanza di anni, ritrova quella stessa comunità ormai in totale sbando
sulle rovine di quello che un tempo fu il carcere di Montserrat. Completata
la propria formazione di uomo, Parsifal riscatta il dolore di Amfortas che
si riunisce finalmente a una Kundry invecchiata e completamente svuotata e
libera quella comunità riaprendo le porte verso il mondo vero.
Questa
è la storia riscritta da Serebrennikov, che può contare su un gruppo di
interpreti davvero eccellenti e completamente calati nello script. E, per
una volta, non sembra gratuita la scelta a una impressionante cinquina di
stelle indiscusse del firmamento lirico di oggi. Il Parsifal maturo (e
cantante) è Jonas Kaufmann che ritrova finalmente lo smalto delle sue prove
migliori con una interpretazione certamente accattivante sul piano scenico
ma che anche su quello vocale non delude nel suo equilibrio ideale fra la
fragilità del personaggio in divenire e la radiosa forza dell’eroe. Partner
ideale è Elīna Garanča, al debutto nel ruolo di Kundry, al quale regala
tutta la carica seduttiva dell’attrice consumata e di un colore vocale di
morbida sinuosità. L’Amfortas di Ludovic Tézier trasmette dolore e
sofferenza autentiche, il Gurnemanz di Georg Zeppenfeld è reso con una certa
insolitamente giovanile baldanza, mentre di Klingsor Wolfgang Koch rende con
penetrante maestria l’ambigua perversione dell’aguzzino. Senza smagliature
anche il resto della nutrita locandina, in cui si distingue anche Nikolay
Sidorenko, che presta il corpo al Parsifal giovane e dannato. Di grande
spessore anche la prova del Coro dell’Opera di Stato istruito da Thomas
Lang.
La colonna sonora di questo dramma carcerario di condanna e
redenzione è assicurata dall’Orchestra dell’Opera di Stato di Vienna capace
di un suono pieno e luminoso. Al suo primo appuntamento di rilievo come
direttore musicale del teatro, Philippe Jordan incassa un risultato
importante con una dimostrazione di grande vigore direttoriale ed eccellente
tenuta drammatica.
Da notare l’accurata regia televisiva di Michael
Bayer, che integra in maniera efficace le riprese del palcoscenico con le
immagini in bianco e nero di video e foto di Aleksei Fokin e Yurii Karih,
che accompagnano l’azione su tre grandi schermi sovrastanti la scena.
Particolarmente accurata anche la ripresa sonora.
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