|
|
|
|
|
L'Ape musicale, 09 Agosto 2018 |
di Antonino Trotta |
|
Konzert, Reggia di Caserta, 7. August 2018
|
Anema e core |
|
Appuntamento conclusivo per la rassegna estiva Un’Estate da Re:
nella meravigliosa cornice dell’Aperia della Reggia di Caserta, Maria
Agresta e Jonas Kaufmann sono i protagonisti assoluti di una serata dal
sapore dell’evento. |
|
Caserta, 7 Agosto 2018 – Circa diecimila presenze spalmate su dieci
appuntamenti: sono questi i numeri che confermano il successo della rassegna
concertistica estiva ospitata dagli ameni luoghi della Reggia di Caserta.
Rispettando l’oneroso impegno anagrafico, il festival Un’Estate da Re
termina tra i fastosi bagliori di una serata regale. Nell’aria si percepisce
l’elettricità dell’evento, non tanto per il pomposo tappeto rosso che
comunque contamina la bellezza storica del posto, quanto per la presenza di
diverse personalità, politiche e non, accorse a raccogliere i frutti del
lavoro svolto, di qualunque natura esso sia. Scrutata dall’occhio abbagliato
della televisione nazionale, la splendida Aperia della Reggia, arricchita da
un suggestivo gioco di luci e da una variopinta pannellatura delle volte
installata per favorire un miglior indirizzamento sonoro, si trasforma in un
teatro a cielo aperto di irresistibile fascino che per l’occasione accoglie
i complessi dell’Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli e del Teatro
Municipale “Giuseppe Verdi” di Salerno. L’acustica, tuttavia, non è
eccezionale ma l’assenza dell’amplificazione digitale restituisce il suono
nella sua onesta ricchezza, senz’altro con grande valore aggiunto quando le
voci sono quelle di Maria Agresta e Jonas Kaufmann.
La tenera
complicità tra i due artisti, già partner in diverse produzioni, si palesa
folgorante nei tre grandi “duetti d’amore (tratti dal primo atto della
Boheme, di Tosca e dell'Otello di Verdi) accentrati nella prima parte del
concerto: essa non si sostanzia esclusivamente nella condivisa ricercatezza
musicale, con accenti e dinamiche coerenti e mutevoli, ma avvalora
l’alchimia scenica che avvolge i cantanti sul palcoscenico. Le voci non
hanno bisogno di alcuna presentazione. Kaufmann ha un timbro statuario, ben
omogeneo in tutta la gamma, con acuti sicuri fino al si naturale di «Che
gelida manina» (l’aria è abbassata di mezzo tono): il do sembra un limite
invalicabile e in effetti le puntature nel finale primo della Bohème e nel
bis conclusivo ‘O Sole mio risultano abbastanza infelici. Al di là
dell’arida geodesia vocale, il tenore tedesco si dimostra un interprete di
rango capace di dominare lo strumento importante con mezze voci sontuose e
l’attacco del duetto di Tosca («Son qui!») nella rassicurante risonanza di
una delle nicchie del complesso dell’Aperia rivela un’opulenza timbrica
spettacolare. Maria Agresta, eccellente Mimì, Tosca e Desdemona, vince a
testa alta l’emozione di giocare in casa. Il legato d’alta scuola, il timbro
luminoso, le eteree filature, il fraseggio nitido e d’ampio respiro le
consentono di evidenziare con classe la vena lirica dei suoi toccanti
personaggi. La sua voce corre perfettamente negli spazi aperti della Reggia
e se ne carpisce sempre ogni minima sfaccettatura.
Onore al maestro
Stellario Fagone per l’impegno nell’assicurare l’armonia d’assieme. È
infatti difficile soffocare i dubbi sull’attenta preparazione del concerto
che d’altra parte giustificherebbe anche la sostituzione del Capriccio
sinfonico di Puccini (originariamente previsto in apertura di serata), meno
“di repertorio” e più complesso da rabberciare in poco tempo, con la ben più
popolare Sinfonia del em>Nabucco. Nello scorrere dell’intero programma si
avverte costantemente un faticoso inseguimento delle voci da parte
dell’orchestra, non in forma smagliante, con frasi che anticipano o si
chiudono in ritardo, alla bisogna dei solisti, con sbavature che si
accentuano nella seconda parte del recital (un florilegio di canzoni
italiane e napoletane tanto apprezzato dal pubblico sinceramente commosso).
In questa Reggia c’è tutto per ambire a eguagliare, e perché no
surclassare, i celeberrimi concerti estivi viennesi: una cornice – senza
peccare di campanilismo – mozzafiato, orchestre valide e artisti di
spessore. Anema e core non sempre bastano. È sufficiente investire
sull’autentica progettualità di questa rassegna, depurata dalla una punta di
demagogia sempre pronta a insidiarsi laddove risuona il richiamo del grande
pubblico (la valorizzazione del territorio e la promozione della cultura
dovrebbe essere la regola, non l’accezione, per ogni amministrazione e
dinnanzi a chi svolge il proprio lavoro, lo stupore – a mio avviso – è
un’emozione decisamente fuori luogo), perché quello di Caserta possa
diventare uno dei festival di riferimento nel ricco panorama musicale
italiano.
|
|
|
|
|
|
|