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L'opera, Novembre / Dicembre 2013
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di Eva Pleus |
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Puccini, La fanciulla del West, Wiener Staatsoper, 5. Oktober 2013
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Ad Ovest di Puccini |
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In mezzo all'abbondanza wagneriana e verdiana, dovuta al comune ricorrenza
dei due giganti dell'opera lirica, ecco una nuova produzione della
Staatsoper di un'opera la ... ultima messinscena viennese risale al 1976:
come in ...(am Rand fehlte etwas) altri teatri, La Fanciulla del
West, l'opera che lo stesso Puccini riteneva la sua migliore, non era
riuscita a conquistare cuori del pubblico quanto una Tosca, una Bohème o una
Butterfly del maestro lucchese, pur con dive del calibro di Maria Jeritza e
Ljuba Welitsch come protagonista.
Dopo questa prima serie di cinque
recite, si vedrà se in futuro sarà un'eco più duratura. Per il momento si è
trattato comunque di un meritato trionfo. Con lo svizzero Marco Arturo
Marelli è sta.. trovato l'uomo giusto per portare in scena quest'opera che -
s... prattutto nel primo atto e nel finale - scivola facilmente nelle
sfe...del kitsch, se non si bada ad equilibrare con precisione sentime to e
atmosfere da western. Il regista, responsabile anche de scenografia e delle
luci (costumi di Daqmar Niefind), ha sposta l'azione dal periodo dei
ricercatori d'oro a uno più attuale, in cui uomini lavorano in un campo
d'estrazione del petrolio, un univer costituito da container e chiuso da
filo spinato.
Minnie manda avanti una sorta di locale su quattro
ruote, simile banchi di vendita ambulanti di panini, birre, eccetera, che
con sciamo bene anche in città. Pure l'interno della sua casetta ricor più
quello di un camper che non di una vera casa. Nel terzo a vediamo in fondo
alte montagne, e Minnie lascia con Dick Johnson la California in una
mongolfiera color arcobaleno, un tocco di simpatica ironia per la non facile
soluzione di questo finale, che ci lascia un piccolo dubbio riguardo al
futuro di questa coppia tanto dissimile.
Marelli è riuscito a far
muovere non solo i protagonisti (che sono già di per sé cantanti-attori di
grande talento) in maniera assolutamente naturale, ma anche tutto lo stuolo
di operai e giocatori: ciascuno possedeva il suo carattere, ciascuno
coltivava i propri sogni. E non ci pensavano su due volte a voler linciare
chi aveva barato al poker, il tutto espresso con un linguaggio corporeo che
non lasciava dubbi. Sarebbero tutti da citare, ma per non tediare il lettore
citiamo almeno Norbert Ernst (sì, il Loge di Bayreuth!) come umanissimo
Nick, Boaz Daniel che meritava con la sua prestazione vocale il suo nome
Sonora, il vivace Happy di Clemens Unterreiner, e Alessio Arduini per la sua
bella voce come Jake Wallace e la sua intensa scena come José Castro.
Ma ora al trio dei protagonisti: Nina Stemme conferiva a Minnie tanto la
dolcezza della ragazza non dimentica della bella unione che ebbero suo padre
e sua madre, quanto la furia della donna gelosa e offesa e il disperato
coraggio durante la partita con Jack Rance. La sua voce di soprano dal
timbro dorato sosteneva con grandissima sicurezza tutte le sfide con cui
Puccini ha arricchito il suo ruolo. E se citiamo un paio di estremi acuti un
tantino striduli, è solo per onore di cronaca, ché non inficiavano
minimamente questa stravolgente prestazione.
Al suo fianco Jonas
Kaufmann che cantava Dick Johnson per la prima volta: fisicamente il
prototipo del bel criminale, esprimeva anche lui tutti gli stadi di dolce
innamoramento, di paura, ansia e, alla fine, rassegnazione. Tutto questo con
una voce che definire ideale per il Verismo (al quale Puccini in quest'opera
ha dato più spazio che non in altri suoi lavori) sarebbe poco: quel suo
colore baritonale, coronato da acuti esplosivi, calzava come un guanto a
questo ruolo.
Rimane il Jack Rance di Tomas Konieczny: il classico
caso in cui dalle nostre parti si direbbe con espressione variante tra il
soddisfatto e il preoccupato «in Italia non passerebbe». E così sarebbe
probabilmente, perché il cantante wagneriano Konieczny canta Puccini come se
avesse non una, ma tre patate in bocca, con conseguenze non solo vocali, ma
anche per la pronuncia. Eppure: l'interprete è talmente convincente che dopo
una decina di minuti ci siamo dimenticati di questi ostacoli, perché pareva
di assistere ad un film. Bocca asciutta per la tensione durante tutto il
secondo atto! Per completare citiamo ancora Jongmin Park (Billy Jackrabbit),
Juliette Mars (Wowkle) e il sicuro Ashby di Paolo Rumetz.
Ottima pure
la direzione di Franz Welser-Möst, che in altre occasioni non sempre ci ha
convinti. Qui ha lavorato in evidente simbiosi con la grandiosa Orchestra
della Wiener Staatsoper, facendoci percepire tutte le sfumature e la
ricchezza orchestrale di quest'opera giustamente tanto amata dai direttori
d'orchestra. In gran forma il Coro della Staatsoper. preparato con la solita
perfezione da Thomas Lang.
Oltre venti minuti di applausi a
quest'ultima recita della serie...
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