l'opera, Giugno 2011

di Mario Hamlet-Metz

Wagner: Die Walküre, Metropolitan Opera

Stars and Stripes...
 
 
New York: al Metropolitan continua il nuovo Ring con Die Walküre e le sue gigantesche assi d'acciaio semovibili;...

oro del Reno inaugurava la stagione in corso nella monumentale produzione firmata da Carl Fillion (scenografia), Robert Lepage (regia), Francois St-Aubin (costumi), Etienne Boucher (luci) e Boris Firquet (immagini video). Monumentale sia per il costo (16 milioni di dollari per le quattro opere dei ciclo della tetralogia wagneriana completa) che per l'ambiziosa parte visiva high-tech che consisteva di 24 assi flessibili enormi che si muovevano, prendevano diverse forme e sezionavano il palcoscenico, pesanti 45 tonnellate, che le meritavano giustamente il nick «la macchina». Nell'Oro del Reno, dove c'era tanta azione a cambiamenti di luoghi, la macchina si usava parecchio e gli effetti visivi erano veramente sorprendenti.

Eravamo curiosi allora, di vedere come si sarebbe sviluppata questa «macchina nella seconda puntata, Die Walküre (La Walkiria), che è andata in scena a fine aprile, opera più statica, dove si passa dallo spazio mitico a quello più reale del mondo degli umani. Le assi si alzavano subito, simulando una spessa foresta invernale, con spazi aperti dove si vedeva Siegmund che scappava seguito da vicino dai seguaci di Hunding. Sullo sfondo, tanta neve che cadeva durante la prima parte e che si fermava solo quando Hunding rientrava nella sua «casa» dall'aspetto povero, triste come la sposa Sieglinde e il fuggitivo Siegmund, che si sanno tutti e due indifesi e senza speranza davanti alla loro sfortuna: «Rimani», gli dice Sieglinde «la sfortuna non è novità dove essa già esiste». Un tavolino e un paio di sedie pieghevoli (da picnic!) erano l'unico arredo di questa casa inospitale dove l'indegno padrone limita l'ospitalità ad una notte sola. Il tavolino era ad un livello più basso in modo che i tre solisti si vedevano fino alla metà del corpo, finché Siegmund saltava finalmente sulla parte d'avanti, fissa e più in alto. Per Hunding, cieco alle cose trascendentali, I'elsa della spada serviva da gancio per il suo cappotto. II racconto di Siegmund era illustrato con immagini proiettate sul fondo. Il colore bianco dell'inizio diventava nero e poi, alla fine dell'atto, verde, di effetto molto bello.

Nel secondo atto, lo spazio mitico, cavernoso e molto inclinato del regno della dominatrix Fricka forzava Wotan e Brünnhilde a saltare pericolosamente sulla terra; dopo la scena di Frau Fricka, la foresta tornava a vedersi, imponente. Le lampadine dei seguaci di Hunding che invadono la scena, sembravano un po' inutili. Nel terzo, il movimento delle assi che simulava i cavalli delle otto walkirie e che poi scivolavano dall'alto fino a terra era ingegnoso e originale.

L'opera si concludeva con un paesaggio nordico roccioso e con le assi in posizione intricata, a simulare una fortezza praticamente impenetrabile dove Brünnhilde giaceva, a testa in giù, verticalmente (lo faceva una controfigura), come fotografata da un aereo. Giù, il fuoco s'accendeva.

Lo spettacolo era visivamente smagliante e creava le dimensioni giustamente proporzionate alla grandiosità e al carattere epico di queste opere wagneriane. A volte però, i cantanti trovavano difficoltà a spostarsi con tanti dislivelli, e sembravano respirare di sollievo quando cantavano sulla parte fissa della scenografia, in avanti e un po' in alto. Lì, le voci correvano meglio, i monologhi e i diversi duetti guadagnavano in chiarezza e le sottigliezze del testo potevano apprezzarsi pienamente.

In quello che deve essere stato un vero tour de force viste le sue condizione fisiche attuali, James Levine dirigeva con la sua solita autorità e trasmetteva perfettamente la sua passione per questa musica con la quale sembrava identificarsi. L'Orchestra lo seguiva cecamente e la bacchetta sempre attenta contribuiva a rendere perfetta senza eccezioni la prestazione di ognuno dei solisti.

Infatti, il cast della Walkiria era francamente eccezionale. Siegmund trovava l'interprete ideale in Jonas Kaufmann. Giovanile, virile, sincero, assolutamente credibile, anzi commovente come personaggio, la sua conoscenza intima di testo e musica era evidente - pur essendo il debutto nel ruolo - ad ogni momento ed in ogni nota; poi, Kaufmann cantava liberamente, senza sforzo alcuno. Alla maniera di Vickers (di voce più voluminosa e più grande, certamente) la sua voce di tenore lirico, di natura, si espandeva naturalmente nel centro producendo suoni baritonali di grande bellezza, per subito dopo salire all'acuto, facile e sicuro.

Il Wotan di Bryn Terfel, perdeva appositamente l'estroversa aggressività dell'Oro, e guadagnava in umanità, diventando debole con la moglie e, nonostante la sua inflessibilità e durezza, comprensivo e sofferente con la sua figlia prediletta. Il suo ritratto era completo, senza sbagli o esitazioni testuali e musicali. Poi, Terfel non si risparmiava e lo strumento, duttile e potente, comunicava le multiple sfumature con tanta intensità, ma senza mai esagerare.

Hans-Peter Koenig, Fafner nell'Oro, ritornava adesso come Hunding. Il suo fisico imponente e la sua voce cavernosa e stentorea, l'aiutavano a creare un personaggio spiacevole, rozzo, in modo che il contrasto con Siegmund diventava evidente dal primo all'ultimo momento.

Un benvenuto debutto era quello di Eva-Maria Westbroek, soprano che sta salendo rapidamente la scala della celebrità nel mondo della lirica. La sua Sieglinde ci impressionava sia per la qualità interpretativa che per la perfezione della tecnica vocale che le permetteva di passare facilmente dal piano e dal canto sommesso alle esplosioni appassionate alla fine del primo atto e soprattutto nelle sue ultime note del terzo, quando la voce aumentava di volume senza mai perdere la bellezza timbrica.

Durante quasi tutta la sua scena, Stephanie Blythe, Fricka, rimaneva seduta sul suo trono e imponeva con massima autorità i suo volere sul marito indebolito L'evoluzione di questa voce di autentice mezzosoprano è veramente ammirevole. In ogni sua performance, il timbro sembra imbellito ed arricchito, il volume aumentato la tecnica perfezionata, il canto più sicuro. Impossibile trovare difetti, almeno per ora in una cantante che non fa altro che progredire costantemente.

Lasciamo per ultima Deborah Voigt, già indimenticabile Sieglinde, e che ora ha affrontato con coraggio e intelligenza la parte di Brünnhilde, sapendo bene che il personaggio è di tutt'altra dimensione. Diciamo che la sua non era una Brünnhilde da scartare e che l'insieme della performance era sempre pregevole ma l'abbiamo vista spesso in difficoltà isolate dal primo «Hoyotoho» all'ultima scena durante l'addio al padre. Il problema principale ci sembrava che la voce non fosse ideale né in volume né in incisività e che giustamente per arrotondarla e darlo, un po' d'acciaio, la cantante perdesse in fermezza e diventasse incerta nell'intonazione.

La prima delle Walkirie, Kelly Cae Hogan (Gerhilde), con un apprezzabile volume, e sembrava ottima e arriverà senza dubbio a altre parti più importanti. Lei e le sui sorelle, Molly Fillmore (Helmwige), Marjorie Elinor Dix (Waltraute), Mary Phillips (Schwertleite), Wendy Bryn Harmer (Ortline), Eve Gigliotti (Sigrune), Mary Ann McCormick (Grimgerde) e Lindsay Ammann (Rossweisse) si divertivano, s'agitavano cantavano vivacemente.






 
 
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