Corriere della sera, 8 dicembre 2009
Bernardino Zappa
Bizét, Carmen, Mailand, 7. Dezember 2009
«Carmen» in trionfo ma la regia è contestata
 
Ovazione finale, fischi a Emma Dante Napolitano: «Per la musica farò ciò che posso, non ho bacchette magiche»

MILANO - Un quarto d`ora d`applausi, grida di entusiasmo, lanci di fiori. E una raffica di buu. Ieri sera così «Carmen» alla Scala. Trionfo per l`Orchestra e per Daniel Barenboim che l`ha straordinariamente diretta. Trionfo per i cantanti, Jonas Kaufmann fascinoso Don Josè, Erwin Schrott, prestante Escamillo, e soprattutto lei, Anita Rachvelishvili, la giovane georgiana con un duro passato alle spalle e un futuro luminoso davanti a lei. La sua voce meravigliosa ha incantato la platea come Carmen incanta Don Josè.

Dissensi invece, e forti, per Emma Dante, regista di fama della prosa, esordiente della lirica. Parte del pubblico, soprattutto dal loggione, non ha apprezzato il suo allestimento a tinte estreme, di un gusto pop barocco, di simbologie minimaliste-ridondanti non sempre decifrabili. Le nere prefiche che seguono Carmen, il prete dal cappello nero a larghe tese che tallona Micaela, il nero carro con su una nera e vuota sagoma di santa che apre e chiude l`opera, le sigaraie trasformate in nere suore, il bosco di carotone giganti che apre il terzo atto, hanno lasciato alcuni perplessi. E così, quelli che alla «primina» per i giovani, venerdì scorso, erano suonati alla fine solo come flebili malumori, ieri sera sono diventati veri e propri dissensi.

Chiaramente tesa, Emma Dante e arrivata alla ribalta insieme con Barenboim, che con il sovrintendente Stéphane Lissner, l`ha scelta per l`impresa e sempre sostenuta a spada trat- ta. Una solidarietà che non è venuta meno neanche ieri. Quando sono iniziati a farsi sentire i buu, Barenboim ha stretto la mano di Emma nella sua e con lei è avanzato ancora di più sulla scena. Come a dire: tutte le scelte sono comuni, condivise. Se sparate a lei, sparate anche a me.

«Non è stato capito lo spettacolo.

Ma questa reazione vitale indica che sono vivi», ha commentato amara in camerino.

«Come donna, italiana e del Sud, dico comunque grazie a Milano».

Ci riproverà? «Chissà. Io continuo a fare il mio lavoro come piace a me». E Lissner ha ricordato che anche la Traviata di Visconti fu fischiata.

Tutti in piedi a spellarsi le mani per il Maestro scaligero. Una delle tre standing ovation della serata, la prima per il presidente Napolitano al suo arrivo nel palco reale, la seconda per l`Inno di Mameli diretto da Barenboim con foga appassionata. Nessuna traccia invece dell`annunciato minuto di silenzio, segno di solidarietà con i «lavoratori colpiti dalla crisi». Qualcuno sostiene che sia stato riassunto nei pochi secondi intercorsi prima di attaccare l`Inno nazionale.

Se così è stato, si è trattato di una solidarietà tanto discreta che nessuno se n`è accorto.

Eppure i lavoratori in crisi, esasperati, c`erano davvero fuori dal teatro. Tanti e decisi a far sentire la loro rabbia, la loro protesta. Quel minuto di silenzio sarebbe stato un doveroso «memento».

 






 
 
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