aclimilano, giornale, 19/07/2007
Alessandro Mormile
Verdi : La Traviata, Milano, Teatro alla Scala, luglio 2007
Al Teatro alla Scala tornano i grandi cantanti
Un esito contrastato tuttavia per la "Traviata" con la Gheorghiu
Milano, 18 luglio 2007 - Passo dopo passo, da quando Riccardo Muti ha lasciato la Direzione Musicale del Teatro alla Scala, i grandi cantanti che precedentemente non godevano dei favori dell’establishment scaligero stanno tornando sul palcoscenico di quello che, piaccia o meno, resta il più noto e temuto (per la severità dell’implacabile loggione) teatro lirico del mondo. Il Sovrintendente Stéphane Lissner si è fatto portabandiera di questa rinnovata tendenza, per la quale gli si deve dar merito al di là delle conseguenze non sempre positive che tale scelta ha comportato. br> È pur vero che nessun problema ha avuto Fiorenza Cedolins, soprano che lo scorso febbraio ha finalmente esordito trionfalmente alla Scala in una Madama Butterfly di Puccini che resta fra i maggiori successi di questa stagione scaligera. Ma prima c’era stato l’episodio poco piacevole legato ai “capricci” divistici del tenore Roberto Alagna, il Radames dell’Aida di Verdi che ha aperto il corrente cartellone, reo di aver abbandonato la scena, a seconda recita appena iniziata, dopo che il loggione lo aveva “beccato” al termine della difficile aria d’ingresso.

Nervi ben più saldi ha mostrato la consorte di Alagna, il soprano rumeno Angela Gheorghiu, anche lei cantante di fama internazionale e diva dello star system fra le più amate e discusse, cimentatasi in questi giorni alla Scala, con successo contrastasto, in un ruolo per cui è nota in tutto il mondo: Violetta Valéry ne La Traviata di Verdi.

Sulla Gheorghiu erano puntati i riflettori della stampa, non meno che i giudizi di una critica italiana che mai le è stata favorevole e che, dopo la prima, non ha mancato di riservarle giudizi che non esiterei a definire ingiusti ed insieme acrimoniosi. Ma il pubblico, dal quale ci si aspettava forse sentenze negative definitive, si è invece diviso in fazioni opposte, così che il diverso grado di apprezzamento ha finito per testimoniare la capacità di questa grande cantante di creare un “caso” interpretativo, di far comunque parlare di sé uscendo dalla scontata routine e di costruire una visione del personaggio di Violetta sicuramente ricca di personalità. E mi sento di riconoscerle tali meriti spostando il mio personale giudizio (che si può condividere o meno) verso l’ago positivo della bilancia complessiva di una prestazione di livello superiore.
Forse l’unico limite reale che mi sentirei di evidenziare è il volume della voce, un po’ piccola, ma timbricamente morbida e fascinosa come oggi ve ne sono poche, cremosa eppure luminosa soprattutto nella prima fascia acuta. Sul piano virtuosistico la Gheorghiu supera con coraggio e determinazione stilistica quasi nervosa lo scoglio della temibile cabaletta del primo atto. Ma il meglio della sua prestazione si ha in un secondo atto da manuale; prima nel duetto con Giorgio Germont (splendido il suo «Dite alla giovine»), poi in un «Amami, Alfredo» morbidamente svettante e in un «Alfredo, Alfredo, di questo core» ripiegatamente sofferto e pieno di pathos. Anche l’ultimo atto la vede delineare una Violetta vocalmente lirica ma sorretta da un temperamento scenico teatralmente avvincente, per quanto modellato su una recitazione alquanto operistica, vicina a certi cliché “vecchio stile” delle dive degli anni passati, però con una marcia in più: quella della bellezza, del fascino irresistibile di una figura che sa donare a Violetta quella febbrile sete di vita unita ad una eleganza vocale che rendono assolutamente singolare un’interpretazione di riferimento nell’ambito delle grandi interpreti di questo celeberrimo personaggio verdiano. La critica italiana, che non ama le dive, ha ingiustamente censurato la sua prestazione. Ma l’attesa intorno al suo debutto scaligero (fino ad oggi, a Milano, la si era solo ascoltata in recital) ha creato fermento intorno ad una Traviata che nel caldo mese di luglio non avrebbe, se non per lei, suscitato molto interesse.

Sul piano visivo si è trattato della ripresa dell’ormai ben noto allestimento di Liliana Cavani (ripreso da Marina Bianchi), spettacolo fastoso e di impostazione tradizionale che ha ben diciassette anni di vita. Anche la direzione di Lorin Maazel, alla prima accolto da impietose contestazioni, si conferma ricca di felici intuizioni liriche, che purtroppo passano in secondo piano dinanzi ad rilassatezza nei tempi ed a qualche eccesso nelle sonorità che hanno assai poco convinto.

Nel restante cast c’era un altro importante esordio scaligero, quello del giovane ed interessante tenore tedesco Jonas Kaufmann, un Alfredo di bel timbro brunito, che all’occorrenza sa anche piegarsi a mezzevoci e ad un fraseggio teatralissimo, unito ad una recitazione e ad una presenza scenica calamitanti. Ci inchiniamo poi, ancora una volta, dinanzi alla professionalità e alla miracolosa solidità di mezzi vocali del Germont del baritono Leo Nucci, il quale, non pago del trionfo riscosso tre giorni prima all’Arena di Verona come Figaro nel Barbiere di Siviglia di Rossini, ha letteralmente incantato il pubblico della Scala cantando un’unica recita di Traviata e meritandosi, per questa, un personale trionfo destinato ad entrare negli annali scaligeri. Lo stesso trionfo che forse si aspettava Angela Gheorghiu, vittima di se stessa, della sua personalità ahimè invisa al nuovo corso di un teatro d’opera che pare non voler più ammettere i big del belcanto, ma solo più cantanti pronti a piegarsi alle mode dei nuovi divi del momento: i registi. Mala tempora currunt per le voci!

Rimanendo in tema di dive del melodramma, il prossimo 16 settembre si ricorderanno i primi trent’anni dalla morte di Maria Callas, la cui leggenda è legata indissolubilmente alla storia dell’interpretazione e del teatro musicale stesso. La Scala le renderà omaggio in diversi modi e con diverse iniziative. In primo luogo con due mostre che si inaugureranno venerdì 14 settembre al Museo Teatrale e nel Ridotto dei Palchi “Arturo Toscanini” sul tema: “I costumi di scena” e le “Immagini dietro le quinte”. Nella prima (aperta fino al 31 gennaio 2008) saranno esposti i costumi originali che la Callas indossò nelle sue interpretazioni sul palcoscenico della Scala, costumi oggi custoditi negli archivi storici del Teatro; nella seconda (aperta fino al 30 novembre 2007) saranno raccolte immagini fotografiche, per lo più inedite, di Maria “fuori scena”. Poi domenica 16 settembre, nella esatta ricorrenza della scomparsa, la Scala aprirà le porte alla città presentando in prima mondiale, nella sala del Teatro, il film “Callas” di Philippe Kohly. Infine è prevista la pubblicazione di un volume fotografico “Maria Callas - Gli anni della Scala” edito da Allemandi, che documenta le dieci, indimenticabili stagioni che cambiarono il corso dell’Opera nel suo porsi come alta sintesi di teatro e musica alla sensibilità del nostro tempo. Così da non dimenticare i miti del passato.






 
 
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