Operaclick
Amelia Imbarrato
Liederabend, Milano, Teatro alla scala, 14/05/2007
Milano - Teatro alla scala: Jonas Kaufmann, Liederabend
Il tratto comune di questo programma, originale, interessante, ma apparentemente eterogeneo, è la parola cantata, o meglio: non solo sulla scena d'opera si "recita cantando". Che cosa più "recitato" di una ballata, un Lied che racconta una storia facendo intervenire anche i personaggi. Con quale fantasia possono rivivere le Rime di Michelangelo reinventate da Britten. E infine, l'espansione lirica della parola che si fa suono nelle eleganti volute Jugendstyl dei Lieder di Richard Strauss.

Ho già varie volte apprezzato Jonas Kaufmann come interprete sia di Lieder sia d'opera, l'ho già in qualche occasione recensito, ma ora per la prima volta in Italia. Anzi, alla Scala. La Scala ha una buona tradizione di Liederabend, anche se il numeroso pubblico presente sembrava speranzoso di almeno un'aria d'opera come bis, e voleva inoltre conoscere un interprete di Alfredo nella prossima Traviata.

"Prove di teatro" si possono considerare le grandi ballate del giovane Schubert, e non è un caso che rivolga l'attenzione a un maestro della scena moderna come Schiller, il grande drammaturgo romantico e ispiratore di musiche teatrali - I Masnadieri, Don Carlos, Luisa MIller... - Die Bürgschaft (La garanzia), dimostra una maturità sorprendente, considerata l'epoca della composizione. La struttura dell'insieme è rapsodica, alterna cioè blocchi di recitativo vero e proprio, in cui il tremolo del pianoforte fa pensare a un recitativo accompagnato, a blocchi con caratteristiche musicali più precise e complesse, con varietà di ritmi e di armonia. La parte strumentale ha caratteristiche d'orchestra. Nessuna meraviglia che Schubert avesse abbozzato un'opera su questo soggetto, solo rimpianto che non l'abbia portata a termine.

In questa, come negli altri Lieder in forma di ballata, occorrono tanti diversi colori vocali: sembra che Schubert abbia pensato a una voce di tenore scuro, con centri corposi e grandi possibilità espressive. La "Garanzia" non è una storia d'amore, ma i temi altrettanto romantici sono l'amicizia, il potere, la lealtà - ricordiamo ancora che Schiller è l'autore del Don Carlos... La "trama" della ballata è questa: il giovane Damone, per liberare la sua città, Siracusa, attenta alla vita del tiranno e viene quindi condannato a morte. Chiede però a Dionisio - il tiranno, appunto - tre giorni di tempo, per le nozze della sorella: lascerà come garante un amico, pronto a farsi giustiziare al suo posto, se lui non tornerà nel tempo stabilito. Il giovane, celebrate le nozze, si affretta a tornare per mantenere la parola e salvare l'amico, ma inondazioni, briganti e ogni sorta di difficoltà lo fanno tardare: correndo sotto il sole di Siracusa - che visto come paesaggio quasi esotico è ancora più caldo -, arriva appena in tempo a far scendere l'amico dalla croce dove lo stanno già inchiodando. Dionisio, commosso, non desidera altro che essere "il terzo in questa compagnia". Un semplice recitativo conclude la ballata, dopo il patto, le avventure, la corsa affannosa, l'abbraccio, in modo così drammaticamente incisivo da fare pensare che forse il vero teatro di Schubert sono questa sorta di "microdrammi", sia che abbiano questo lieto fine di sapore neoclassico, sia che siano decisamente tragici, come il romanticissimo Taucher (L'esploratore degli abissi) sempre di Schiller, o il famosissimo - breve - Erlkönig (Re degli Elfi) goethiano.

Non è la prima volta che sento Kaufmann, dicevo, e noto con piacere la sua maturazione: è un artista che mette sempre la voce (bella, morbida, estesa) al servizio della musica. E, ancora di più, della parola. Man mano che il programma va avanti ci accorgiamo come questa musica nasca dalla parola: Kaufmann comincia a raccontare Die Bürgschaft, ora è il tiranno, ora il giovane, ora descrive - mentre Helmut Deutsch, con la sua grande sensibilità ed esperienza del repertorio, fa letteralmente vedere le scene, le luci: il bosco, il fiume, il sole che tramonta... Questa ballata, già da me ascoltata nel 2005 a Bad Urach dagli stessi interpreti, "riempie" anche il non piccolo spazio della Scala.

Se è vero che in Italia non sempre è gradito un programma interamente tedesco, in questo programma si è trovata una soluzione geniale, coi Sette Sonetti di Michelangelo Buonarroti op. 22 di Benjamin Britten, musicati nell'originale italiano. Pensando ai secoli che separano il compositore dal "poeta", ci accorgiamo che le Rime di Michelangelo, certo l'aspetto meno noto di questo genio, hanno ispirato parecchi compositori. Stranamente, quasi tutti compositori "moderni", cioè fra fine '800 e '900. Qualcuno ha tradotto i testi (Wolf, Strauss), altri no: è il caso di Britten, e ci meravigliamo un po' che un musicista così attento alle sfumature della sua madrelingua - per altro piuttosto insolita nella musica "colta" - abbia ceduto al fascino arcaico delle rime rinascimentali toscane. La suggestione sonora è recuperata, o meglio, esaltata, dalla trattazione musicale. Britten ha scelto sette sonetti dalle Rime di Michelangelo per comporre, secondo un suo ordine, un ciclo di canti d'amore - li chiameremo "Songs"? Certo non "Lieder", dal momento che il Lied propriamente detto, il "Kunstlied", è solo tedesco. Continuiamo a chiamarli "Sonetti", perché infine è sempre la poesia che resta in primo piano e Britten stesso ha continuato a chiamarli così. Equilibrata la struttura, i sette elementi del ciclo hanno tutti 14 versi, ma la compiutezza del ciclo sta proprio nella varietà ritmica, armonica, sopra tutto timbrica che caratterizza i singoli sonetti. Dedicati, quasi ovvio, a Peter Pears, il compagno d'arte e di vita del compositore, che ne fu l'interprete ideale, anche perché erano stati creati per la sua voce. Voce molto caratteristica, affatto diversa da quella di Kaufmann, ma anche quest'ultimo si è dimostrato perfettamente in grado di padroneggiare l'impervia tessitura e di pegarsi alle mille sfumature di colore, alle mezzevoci più commosse. Sempre completata l'interpretazione da Deutsch, pronto ad esaltare contrasti, a creare luminosità, a dare suono alla fantasia. Kaufmann riceverà particolari complimenti per la pronuncia italiana.

Nella seconda parte del concerto, tutta dedicata a Richard Strauss, continua la stessa tensione emotiva, anzi il rapporto fra artisti e pubblico cresce.

Strauss è uno dei pochi casi di compositore che è stato altrettanto grande nel teatro e nella musica vocale da camera. Il mondo del Lied di Strauss è caratterizzato da una visione ottimistica, serena. Potremo trovare un velo di malinconia, ma mai la nera angoscia del viandante schubertiano: anche il protagonista del Lied, come quello dell'opera, è diventato borghese, non si perde nei boschi, ma sogna passeggiate e incontri amorosi in profumati giardini notturni, fa dichiarazioni d'amore di sapore vagamente dannunziano, impetuose o estatiche, ma è pronto anche a richiamare le melodie popolari o a raccontare scene di commedia. Troviamo tutto questo nei 13 Lieder in programma: nell'op. 21 prevale il gusto popolare - non a caso indica Schlichte Weisen, "semplici melodie": ma... la semplicità della scrittura di Strauss è solo apparente -, quattro intensi Lieder d'amore evocano visioni di grande suggestione e i quattro Lieder conclusivi, l'op. 27, sono fra i più famosi e i più belli. Grande varietà di espressione anche in temi simili: da notare come Strauss si appropria del testo - che non è quasi mai di poeti famosi - ed esalta la parola anche per la sua sonorità, crea sue proprie melodie trasformando i versi in ardite volute del canto, sostenendole con fantasiose armonie nelle parti strumentali.

Questi Lieder privi di taglio teatrale hanno però in comune con Die Bürgschaft una forte connotazione visiva: il pianoforte cerca le sonorità dell'orchestra e Deutsch trova le visioni evocate dalla poesia. La dichiarazione d'amore, il sogno, il rimpianto, tutto ha accenti e colori giusti, quantità e qualità di suono sono anche in questa parte del programma dosati in modo ideale. Una nota speciale merita il comico lamento dell"unglückhafter Mann", il giovanotto che vorrebbe andare a prendere la sua bella con una elegante carrozza, solo che... non ha un soldo! E qui parte un applauso spontaneo: la gente segue, si diverte e si commuove, è conquistata insomma dalla comunicativa dell'interprete - stavo per dire "l'attore" Kaufmann -: presenza, sguardo, espressione del viso, pochi gesti misurati ed eleganti. Dopo le impalpabili delicatezze di Freundliche Vision, il richiamo dei "quattro nobili destrieri" dell'eroico Ich liebe dich. Così gli amorosi incantesimi notturni di Heimliche Aufforderung e Nachtgang, e ancora Morgen, rilassato e appassionato nello stesso tempo, per finire il programma con l'ardente Caecilie.

Fra i tanti che applaudono, in platea come nei palchi e in loggione, forse qualcuno ancora spera in una "Donna è mobile". O magari "Libiamo..."? Ma nessuno , io credo, è più così sicuro di due fondamentali e radicate sciocchezze: che i Lieder siano noiosi e che siano facili da cantare. I bis arrivano, Kaufmann è stato generoso nella scelta e nella esecuzione del programma, lo è anche nei bis, ancora quattro Lieder di Strauss - che sembra particolarmente congeniale al tenore come lui bavarese: Breit' über mein Haupt, breve intenso canto d'amore dalle ampie fascinose frasi, il brillante Nichts, Ich trage meine Minne e infine il famosissimo Zueignung, col quale abbiamo capito che il concerto era finito davvero! Conclusione molto usata e ideale per slancio musicale e per parole: "Habe dank!".

E questo ringraziamento possiamo rivolgerlo a nostra volta agli Artisti, che hanno dato vita ad una serata rara e indimenticabile.






 
 
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