Giornale della musica
Barbara Diana
Bizét: Carmen, London, ROH, dicembre 2006
La Carmen di Pappano
Antonio Pappano e l'orchestra della Royal Opera House sono i veri protagonisti della nuova produzione di Carmen al Covent Garden. Pappano ha dimostrato in altre occasioni il suo talento nell'esaltare i colori orchestrali, e fin dalle prime battute dell'overture l'ascoltatore è catturato dalla fantasmagoria sonora della Spagna immaginaria di Bizet. Si tratta di una lettura quasi classicista, il cui rigore esalta l'intensità della scrittura senza mai abbandonarsi ad una retorica vuota, ed è un piacere spiarne i gesti nei monitor di servizio. Anche perchè purtroppo tanta intelligenza e creatività non trovano un contrappunto nella regia di Francesca Zambello, che in un tentativo al realismo astratto riesce ad accumulare una quantità spiacevole di luoghi comuni. Un antico adagio suggerisce di evitare bambini ed animali sul palcoscenico, cosa impossibile in Carmen, ma fare entrare Escamillo a cavallo è una duplice crudeltà, sia nei confronti dell'equino che di Ildebrando D'Arcangelo, che si trova a dover gestire in sella una delle arie più difficili del repertorio, allo stesso tempo troppo alta e troppo bassa. Zambello sembra a disagio nel muovere le masse corali, e solo nei momenti coreografici gestiti da Arthur Pita (splendido il secondo atto) si ha un senso di direzionalità nel movimento. Questa doveva essere la Carmen di Anna Caterina Antonacci, la quale si conferma una delle migliori cantanti-attrici del momento, ma per quanto la parte lirica del ruolo sia gestita con grande intelligenza e musicalità, negli ultimi due atti la voce sembra mancare del peso necessario per rendere la performance indimenticabile. In compenso Jonas Kaufmann è un Don Josè lirico ed intenso, dal timbro scuro ma dagli acuti sicuri, e l'unico a creare un reale coinvolgimento emotivo.
Photo Credit: BARDA Clive/ArenaPAL






 
 
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