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Corriere della sera, 2 giugno 2020 |
Giuseppina Manin |
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Jonas Kaufmann: «Non amo i supereroi, cerco il lato oscuro dei personaggi» |
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Due nuovi dischi del tenore tedesco che sarà protagonista di
un’«Aida» in piazza del Plebiscito a Napoli. E a dicembre è in arrivo
l’album «Christmas Songs»
«Ho sempre sognato una pausa
lunga, un periodo tutto per me. Sono stato esaudito. Anche se in modo
esagerato…». Scherza al telefono Jonas Kaufmann, numero uno tra i tenori, il
più conteso nei teatri del mondo. Eppure, come tutti, anche lui ora si
ritrova con l’agenda piena di cancellature e punti di domanda.
L’ultima volta che è andato in scena?
«Lo scorso
dicembre qui a Monaco con “Die tote Stadt”. Mai avrei immaginato che la
città morta dell’opera di Korngold sarebbe diventata da lì a poco proprio la
mia. E in più moltiplicata all’infinito. È stato impressionante vedere le
piazze più famose, da San Marco al Colosseo, dalla Concorde a Trafalgar
Square, totalmente deserte. Senza più tracce di vita. Quel titolo è stato un
presagio».
E quando è scattato il lockdown, cosa ha fatto?
«Mi sono chiuso in casa! Una scorpacciata di famiglia con mia moglie (la
regista Christiane Lutz) e nostro figlio Valentin, che ha un anno. Il più
felice di tutti. Con i genitori sempre in giro per lavoro, non gli è parso
vero».
Nel frattempo lei non si è fermato. Ha registrato un
album di «Christmas Songs» che ascolteremo a dicembre.
«Un
dono di Natale per il mio bimbo e per tutti i bimbi del mondo. Dovrei
presentarlo in un tour europeo, ma il condizionale è d’obbligo».
Sempre per Sony, è in uscita il cd di «Otello», nuova registrazione
con Santa Cecilia diretta da Pappano.
«Un’altra tappa del
mio lungo viaggio dentro il cuore nero del Moro. Nel 2017 il debutto a
Londra con Pappano, l’anno dopo a Monaco con Petrenko. Poi il dvd, il cd…
Otello è cresciuto dentro di me, mi ha svelato la sua fragilità. È uno
straniero, un musulmano, un uomo di colore. Il suo successo militare, l’aver
sposato la figlia di un senatore veneziano, sono i pilastri del suo ruolo
sociale. Ma il piedistallo è d’argilla, una goccia del veleno del dubbio e
tutto va a pezzi».
Mettere in risalto la complessità dei
personaggi è una sua costante.
«Persino con i giganti
wagneriani. Mi piace cercare la parte segreta di Lohengrin, di Parsifal. Il
lato macho mi fa sorridere, non mi piacciono i supereroi. Gli esseri umani
sono molto più interessanti».
E con «Otello» non finirà qui.
«La prossima stagione tornerò nel ruolo a Napoli, una nuova edizione per
l’apertura del San Carlo. Maria Agresta sarà Desdemona, Michele Mariotti sul
podio e l’allestimento di Mario Martone. Lo ammiro, sono impaziente di
conoscere quale sarà il suo sguardo».
Di un suo «Otello» si
era parlato anche alla Scala...
«Pereira dev’essersi
confuso, ha annunciato qualcosa che non aveva in tasca».
Il
primo impegno «live»?
«A Napoli a fine luglio, il 28 e il
31. Nella scenografica e vastissima piazza Plebiscito, distanze di sicurezze
garantite per tutti. Canterò “Aida” in versione di concerto diretta da
Michele Mariotti, voci femminili Anna Pirozzi e Anita Rachvelishvili.
Un’idea del sovrintendente Lissner per far ripartire l’opera».
Riaperture solo all’aperto.
«Non necessariamente. A
settembre sarò all’Opera di Vienna con il Don Carlos versione francese, e al
castello di Schönbrunn con i Wiener. Un concerto per 100mila persone. Open
air, ma comunque tante…».
Sotto le stelle anche il suo primo
appuntamento italiano, all’Arena di Verona il 17 agosto 2021.
«Doveva essere quest’estate ma abbiamo deciso di rimandare. È una vita
che sogno di cantare in Arena e vorrei fosse piena, vorrei vedere tutte le
fiammelle illuminate per me. Mi avevano chiesto un programma tutto
wagneriano, ma non mi sento così tedesco. Wagner ci sarà, ma con Verdi e
Puccini».
Lei ha fatto molti concerti in streaming a sostegno
dei cantanti senza lavoro. Quale futuro per la musica?
«Sarà
una catastrofe. Non ci saranno mai soldi per ricostruire tutto. I più a
rischio sono i giovani artisti: molti cambieranno mestiere. E tra una decina
d’anni non ci sarà una generazione nuova a sostituire noi “vecchi”. E le
regie? Torneranno agli anni ’70 quando ognuno cantava per conto suo, lontano
dall’altro anche nei duetti d’amore? Di certo si vedranno meno stravaganze.
Forse non sarà male».
Pensando positivo, a quando un suo
ritorno alla Scala?
«Con il sovrintendente Meyer ci siamo
incontrati a Vienna. Ci sono progetti in corso, ne stiamo parlando. Ho molta
voglia di tornare a Milano con un titolo italiano».
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