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il Giornale, 08/08/2017 |
Piera Anna Franini |
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"Io un tenore sexy? La bellezza aiuta ma è la voce che conta" |
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Il cantante lirico numero uno al mondo:
"Trovo più faticose le sedute fotografiche dei concerti" |
Jonas Kaufmann è il tenore numero uno al mondo, il grande nome che fa la
grande differenza nei teatri d'opera. Nel senso che li riempie in un baleno,
sebbene con altrettanta velocità si svuotino se dà forfait, come accaduto
mesi fa per un problema - risolto - alle corde vocali.
Di Monaco, 48
anni, colto, smart, sguardo tenebroso e fisico atletico, Kaufmann è al
culmine della carriera. In settembre esce l'ultimo cd per Sony: L'Opéra, una
selezione di arie francesi con la Bayerische Staatsorchester diretta da
Bertrand de Billy. Quanto all'Italia, bisogna aspettare il 22 dicembre per
il prossimo appuntamento: a Roma, con Tony Pappano alla direzione
dell'orchestra di Santa Cecilia.
Perché un omaggio
all'opera francese?
«È un repertorio che porto nel
cuore, in questo album vi sono arie celebri ma anche pezzi e ruoli che sono
stati determinanti per la mia carriera. Per esempio, con Carmen e Werther,
nel 2001 a Toulouse, si spalancarono tante porte».
Ha
inciso il penultimo cd con i Wiener Philharmoniker. Cosa rende unica questa
orchestra?
«Anzitutto il suono inimitabile, frutto di
una lunga tradizione. I Wiener sono poi la fonte autentica di compositori
come Mahler e Richard Strauss».
Quando è costretto ad
annullare una recita, come vive quelle ore?
«Male. Chi
riuscirebbe a viverle con indifferenza? Ti senti miserabile, non solo per le
cattive condizioni fisiche, sai che le persone saranno deluse e addirittura
arrabbiate, hanno comprato un biglietto, prenotato aerei e hotel. E tu non
ci sei».
Quando si riascolta, sente un pizzico di gioia o
prevale l'insoddisfazione?
«È difficile gioire
ascoltando i proprie dischi e interviste. Pensi sempre che avresti potuto
fare meglio. Apprezzo alcune mie cose, ma mi concentro su ciò che deve
essere perfezionato».
Quali ruoli procurano le più grandi
insidie vocali?
«Placido Domingo ha detto che Des
Grieux, nella Manon di Puccini, è più difficile di Otello, devi disegnare la
metamorfosi di un giovane innamorato che si riduce a schiavo di Manon. Anche
alcune frasi di Radames e Alvaro possono creare problemi».
E invece qual è il personaggio psicologicamente più difficile da
reggere?
«Otello, regala tante emozioni però c'è il
rischio di farsi travolgere. Devi esprimere i suoi dubbi, paure,
arrabbiature, violenza, con la voce e il corpo. È determinate che in te ci
sia una parte che controlli tutto, altrimenti ti perdi in un minuto».
A Londra ha appena debuttato in Otello, con Pappano. Un
successo...
«Con Tony ho avuto la fortuna di creare
tanti nuovi ruoli, oltre ad Otello, Faust (Berlioz), Don José, Cavaradossi,
Des Grieux (Puccini), Andrea Chénier».
Nel 2018 canterà
spesso Andrea Chénier, il titolo con cui apre la prossima stagione della
Scala. Lei però non ci sarà, inutile confessarle che l'avremmo voluta... Le
era stato offerto il ruolo?
Kaufmann, beniamino di passate
Prime scaligere, non risponde (che per noi è una risposta). Il protagonista
dell'Andrea Chénier del 7 dicembre scaligero sarà il marito di Anna
Netrebko, e tenore, Yusuf Eyvazov.
Non inizia a pesarle
il circo mediatico, le richieste dello star system?
«Le
attività di pubbliche relazioni sono più stressanti dei momenti di studio e
performance. Per non parlare delle sessioni fotografiche che possono essere
più lunghe di un'opera di Wagner, con una differenza però: in Wagner hai
qualche pausa, durante i servizi fotografici no».
Canta
spesso a Monaco. Il fatto che sia la sua città fa la differenza?
«Eccome. Uscire di casa per andare al lavoro è assai più gradevole che
stare in hotel, e muoversi con valigia al seguito. Sono così felice che dopo
il debutto al Met il teatro della mia città sia ora la mia base».
È diventato Jonas Kaufmann nel corso degli anni. Come ha vissuto
la fase precedente allo scoppio di luce procurato dalla Metropolitan Opera
House di New York?
«Prima c'è stata quella chiamo una
solida carriera europea. Il Met mi ha fatto entrare nella federazione
internazionale. Diciamo che a quel punto ho sfondato».
S'innamorò dell'Italia da bimbo, durante le vacanze estive. Ora?
«Continua a piacermi la gente, la lingua, le città, i panorami, le
coste, la musica, il cibo. Non potrei vivere senza pizza, pasta, gelato,
caffé e dolci italiani».
Invece le note dolenti?
«Mi rattrista vedere che nel Paese del canto e dell'opera negli ultimi
30 anni abbiano chiuso tanti teatri».
Come vive il fatto
che i media l'abbiano eletta a sex symbol?
«C'è voluto
un poco per liberarmi di questo cliché ed essere preso sul serio. Non
possiamo essere indifferenti alla forza dell'immagine nell'era dei dvd, dei
siti web, di YouTube. Non è che mi offenda se leggo che sono bello e sexy,
ma se un articolo si concentra su questo sorvolando sulla musica, allora
dissento. E comunque, la bellezza aiuta a raggiungere la vetta più
velocemente, ma per rimanervi devi avere certe qualità vocali».
Ruolo che affronterà in futuro?
«Tannhäuser
e il secondo atto Tristan in forma di concerto, a Boston e New York».
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