
La tradizione d'affidare a voce tenorile il ciclo vocale più
affascinante di Schubert, è certamente meno folta rispetto a quella che
chiama in causa il baritono: ma conta diverse
interpretazioni-capolavoro, a partire dalla splendida, vellutata
morbidezza melidiosa di Peter Anders fino alla melanconia dolce e di
squisita, vienesissima cantabilità di Anton Dermota, ai lati di quella
sublime vetta del canto schubertiano che è e resta l'edizione Peter
Schreier - Slatoslav Richter. A dimostrare però quanto il presente possa
reggere il confronto col passato nonostante il gracchiare contrario di
tante cornacchie vedove del fonografo a tromba, quest'incisione prende
onorevolmente posto tra i punti fermi dell'interpretazione schubertiana.
Il claudicare della cupa marcia su cui avanza Gute Nacht coi suoi
carognissimi rallentando. La danza di spettri configurata da Gefrorne
Tränen. Il lancinante sogno notturno su cui si distende Der Lindenbaum.
La febbricitante nevroticità di Wetterfahne. I rabbiosi, ghiacciati
morsi di Die Krähe. L'iridescente incubo di Irrlicht. Lo sprofondare
nella desolata terra die nessuno dei tre ultimi Lieder. Canti, tutti,
che sono sfide tra le più ardue ma anche gratificanti che interprete non
importa quanto grande possa proporre alla propria ambizione. Il timbro
brunito, di conversa alla morbidezza avvolgente con cui è emesso e alle
sterminata tavolozza che un impiego portentoso della dinamica fornisce
alla straordinaria fantasia dell'interprete, sposandosi alla perfezione
col magnifico pianismo di Deutsch non ho personalmente alcun dubbio
facciano di Kaufmann un interprete schubertiano di statura storica.
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