Musica, maggio 2014
Alessandro Turba
 
Schubert-Winterreise *****
 

Anche i cinefili conoscono l'ultimo Lied del Viaggio d'inverno, « Der Leiermann », avendone ascoltato ripetutamente l'incipit pianistico e presentendovi la Morte insieme al folle Cari Akerblom, protagonista di «Vanità e affanni» di Bergman. E anche i lettori de «La montagna incantata» di Mann hanno pianto per la sorte di Hans Castorp (votatosi, né più né meno come il protagonista della Winterreise, all'autoannientamento), mentre, ferito a morte e sperdendosi in una terra di nessuno, accenna con un filo di voce a «Der Lindenbaum ». Pertanto, sorvolo sui contenuti poetico-musicali del ciclo schubertiano, profana via crucis in ventiquattro stazioni su poesie di Wilhelm Müller ed emblema del «dolore cosmico» romantico, e passo subito a presentare questa nuova incisione affidata al cantante che ha folgorato la Scala vestendo i panni di Lohengrin: Jonas Kaufmann, non l'ennesimo, tonante Heldentenor, ma un interprete capace di incarnare anche l'« antieroe », nel senso più squisitamente romantico del termine. Questa incisione, con al fianco un partner d'eccezione qual è Helmut Deutsch, ne costituisce la prova schiacciante, anche se — come per tutte le registrazioni in studio, del resto — vi manca quel «mettersi a nudo » dell'interprete di fronte a un pubblico in carne e ossa. Eppure, nel caso della Winterreise, la registrazione in studio, grazie all'anecoicità che la contraddistingue, ingenera un horror vacui che è surrogato sia del «gelo » che, salvo qualche chimerica tregua, attanaglia l'anima del viandante, sia del paesaggio innevato che lo circonda durante il suo solingo peregrinare. In passato non sono mancati grandi tenori operistici, beniamini del pubblico, che si sono cimentati con il ciclo liederistico schubertiano (vedi Peter Anders, Julius Patzak, Jon Vickers...). Ma ritengo più proficuo considerare la lettura che Kaufmann dà della Winterreise confrontandola con l'« ingombrante » eredità discografica del baritono Dietrich Fischer-Dieskau, il quale è certamente da annoverarsi nella categoria dei «mattatori»: le sue doti attortali, infatti, gli furono preziose, allorquando la sua voce cominciò a dar segni di cedimento, per far di necessità virtù, conferendo alla vocalità del Wanderer quasi un'allucinata Sprechstimme, certo pertinente alla sua dilacerata, schizoide psiche e ai chiaro-scuri della melica schubertiana (le mortali, striscianti alterazioni «napoletane » e i cortocircuiti espressivi dovuti all'alternanza maggiore/minore di tonalità omonime). La disomogeneità dei registri vocali dell'ultimo Fischer-Dieskau fu comunque sempre compensata da uno scavo della parola unico. Veniamo ora a Kaufinann e, in primo luogo, alla sua resa dello spartito schubertiano. Nel booklet del CD, una doverosa nota avverte: «In a number of passages the artists consciously adopt the reading of the autograph score rather than that of existing Urtext editions». In questo senso, in « Der Leiermann », per esempio, conformemente all'edizione critica della Winterreise curata da Walther Dürr, Kaufmann indugia su varianti ritmiche che, attraverso una più pervasivi presenza del ritmo puntato, rendono ancor più ferale l'ultimo Lied del Zyklus, ma le estende ulteriormente, mentre nelle precedenti tappe del suo « viaggio », il tenore, a differenza del più atletico Fischer-Dieskau, dribbla, alla dodicesima misura di «Erstarrung», la nota di volta e lo scarto ritmico sul terzo verso ed evita accuratamente le semicrome della ventesima misura in « Wasserflut ». Peraltro, sarebbe maligno pensare a soluzioni di comodo: ben altre sono le difficoltà che farebbero impallidire Kaufmann. Sempre in «Wasserflut», Deutsch opta invece per non uniformare alla terzina dell'inciso iniziale il ritmo puntato della mano sinistra (come prassi esecutiva vorrebbe): tale asimmetria si sposa qui perfettamente all'altrettanto « singhiozzante » secondo verso che figura le roventi lacrime che il Wanderer lascia cadere sulla neve, sciogliendola. A parte altre deroghe — ben motivate espressivamente —del sensibilissimo pianista, il servizio reso al testo musicale da Kaufmann è coerente e l'interpretazione è ineccepibile: le indicazioni schubertiane sono rispettosamente assecondate, a partire dai portamenti — sempre per rimanere in « Wasserflut », ricorderete senz'altro quello ascendente sulla parola « Weh », alla fine della prima stanza — e non c'è Lied semistrofico dove, a una medesima melodia, non si trovino sfumature differenti a seconda delle parole: si confronti, nella ripetizione musicale delle prime due strofe del primo Lied, «cute Nacht », la netta differenza di colore tra « Blumenstrauß » e « Dunkelheit » e, più in là, il senso di ineluttabilità segnata dalla seconda e più acuta affermazione della terza strofa (« Gott hat sie so gemacht! »), prima dell'addio all'amata; versi, quest'ultima, che le verranno sussurrati — con incantevole, vellutato falsettone — come all'orecchio, mentr'ella donne. La cifra di questa interpretazione sta proprio nel riservare messe di voce e cambi di posture vocali — volutamente soffocate, a volte — ai più scoperti nervi emozionali di ciascun Lied: un'intonazione più levigata e omogenea rispetto a quelle bizzose, spesso didascaliche nell'innervare particolari versi nelle diverse interpretazioni della piena maturità di Fischer-Dieskau (quelle registrate negli anni settanta con Moore, Barenboim e Brendel). In « Gute Nacht », con Fischer-Dieskau la menzione alla «mancata suocera » del Wanderer suona risentita; Kaufmann, invece, sorvola su questo dettaglio e, come abbiamo visto, va al sodo, ossia al sofferto, definitivo congedo. In «Der Lindenbaum », transustanziandosi nella gelida folata descritta, la voce di Fischer-Dieskau ti travolge impietrendoti e facendoti entrare nella pelle del Wanderer; Kaufmann, invece, rimane calato nel personaggio e ciò che lo scuote è un'inquietudine tutta interiore, dettata dalla solitudine (qui, come altrove, sono i calibratissimi polpastrelli di Deutsch a incaricarsi di scatenare gli elementi), ma è in exitu, nell'interrogativo rivolto dal prostrato protagonista al suonatore di ghironda — che si leva dal proprio deserto esistenziale come un espressionistico (Urschrei- , che la lettura del tenore sembra concordare con l'ultima testimonianza audio del baritono, quella registrata con Perahia nel 1990. Queste alcune sorprese che riserverà l'ascolto di questa Winterreise. Queste alcune differenze interpretative tra Fischer-Dieskau, barocco « musicista-pittore», e Kaufmann, wagneriano «musicista-poeta ».

 

 






 
 
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