
Proponiamo infine la
recente incisone di Die Schöne Müllerin di Schubert, realizzata
da Jonas Kaufmann.
Perché collezionare un disco tanto recente? II primo motivo è
molto semplice: il risultato, direi, eccezionale. Esso è il
frutto di una riflessione estetica che con l'esecuzione si
trasforma in un fatto compiuto. Intanto Kaufmann sottolinea che
questa incisione si poteva fare adesso o mai più. Scoccano i
quarant'anni e il famoso tenore rivendica a Die Schöne Müllerin
la necessità di una voce giovane per incarnare il dramma
psicologico di un ragazzo che si incontra con la realtà e
dall'amore impara a soffrire.
Così il ciclo, che altre
corde loro malgrado snaturano, ritrova la voce di tenore e con
lei la sua destinazione musicale e umana. C'è da aggiungere che
quella di Kaufmann è una voce del tutto particolare per via di
quella grana baritonale, di quel colore maturo che pure non
mette in discussione l'autentica tenorilità dello strumento. Non
è un baritono che giochi al tenore. È un tenore dal medium
corposo, ma soprattutto dal colore scuro. E un tenore che ha
acquisito una così bella dialettica da riuscire a conferire alle
singole sillabe del testo ombreggiature diverse, più o meno
leggere, pur in presenza di una tinta di fondo tendenzialmente
più scura.
Il particolare non sarà da sottovalutare dal
momento che gli consente un continuo gioco di ombre che poi va
ad aggiungersi all'arte di differenziare con le nuances il senso
del testo. Può bastare a chiarire l'osservazione la sequenza dei
Lieder n. 11, 12, 13, 14. L'11, «Mein!» vive di un canto alacre,
agito, contento, scoppiettante di gioia. Essa si placa nel 12,
«Pause», fatto di sonorità contenute, meditative, interrogative.
A questo proposito è impressionante come nell'ultima strofa
la voce cerchi il mezzoforte e fin quasi il forte, prima di
ripiegarsi su «Lieder sein?».
II 13, «Mit dem grünen
Lautenbande» recupera in sentimento, in baldanza e dunque in
sonorità compiute, compite, ma sempre temperate da quel gioco
chiaroscurale cui si faceva cenno.
Si arriva a «Der Jäger», «Il Cacciatore», forse il Lìed più
drammatico della raccolta: una vera croce per ogni esecutore.
Kaufmann lo interpreta con una plasticità viva e palpitante,
togliendosi di dosso quell'immobilità emotiva, quella raggelata
maniera che spesso nelle Liederabend si scambia o, peggio, si
contrabbanda per stile.
Essa apre all'esito impetuoso di «Eifersucht und Stolz»,
alias «Gelosia e fierezza», intonato con accento puntiglioso e
determinato.
D'altronde per Kaufmann il ciclo poetico di
Die Schöne Müllerin è una storia dai risvolti realistici, dove
il protagonista finisce per suicidarsi e per buttarsi nel fiume.
II suicido non è solo psicologico, è un gesto estremo, ma vero.
II dettaglio non è senza importanza per l'interpretazione e per
quel taglio così chiaroscurato che gli detta un canto generoso,
anche quando esso si fa più incensamento lirico.
Non è un
caso che Kaufmann, non estraneo anche ad esperimenti con
strumenti originali, vale a dire con l'accompagnamento di
pianoforti d'epoca, dalle sonorità trasparenti, scelga un
pianoforte moderno. Ma quale strumento antico potrebbe reggere
le esplosioni del Lied n. 17 e, offrire al contempo, un
sufficiente sostegno per la singolare mezzavoce?
All'interno di questa esecuzione, che tra l'altro, rifacendosi a
fonti d'epoca, accoglie anche una serie di piccole varianti,
destano forte emozione gli ultimi tre Lieder.
Dopo un memorabile
«Trockne Blumen», il dialogo di «Der Müller und der Bach» spinge
Kaufmann a trovare voci diverse all'interno della voce stessa.
E poi, se non bastasse, si inventa qualcosa di nuovo per la
conclusione: I'ipnotica berceuse del ruscello. Ancora una volta
l'originale vocalità di Kaufmann, la sua organizzazione tecnica
non sempre ortodossa fugano ogni dubbio e bastano alle necessità
di una simile partitura.
Le tre incisioni sono ottime. Quella della Decca è allo
stato dell'arte, come solo in famoso marchio sa fare. La voce è
resa in maniera mirabile, pur concedendo al pianoforte, in
simbiosi con il tenore, tutto lo spazio che deve avere.
Manualistiche e sbrigative le note del volume dell'Opera Rara,
eccellenti quelle di Kaufmann, poco più di una piccola
introduzione quelle di «Quando nasceste voi...», dovute a
Daniela Uccello.
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