L'opera, 3/2010
Giancarlo Landini
Die schöne Müllerin

Proponiamo infine la recente incisone di Die Schöne Müllerin di Schubert, realizzata da Jonas Kaufmann. Perché collezionare un disco tanto recente? II primo motivo è molto semplice: il risultato, direi, eccezionale. Esso è il frutto di una riflessione estetica che con l'esecuzione si trasforma in un fatto compiuto. Intanto Kaufmann sottolinea che questa incisione si poteva fare adesso o mai più. Scoccano i quarant'anni e il famoso tenore rivendica a Die Schöne Müllerin la necessità di una voce giovane per incarnare il dramma psicologico di un ragazzo che si incontra con la realtà e dall'amore impara a soffrire.

Così il ciclo, che altre corde loro malgrado snaturano, ritrova la voce di tenore e con lei la sua destinazione musicale e umana. C'è da aggiungere che quella di Kaufmann è una voce del tutto particolare per via di quella grana baritonale, di quel colore maturo che pure non mette in discussione l'autentica tenorilità dello strumento. Non è un baritono che giochi al tenore. È un tenore dal medium corposo, ma soprattutto dal colore scuro. E un tenore che ha acquisito una così bella dialettica da riuscire a conferire alle singole sillabe del testo ombreggiature diverse, più o meno leggere, pur in presenza di una tinta di fondo tendenzialmente più scura.

Il particolare non sarà da sottovalutare dal momento che gli consente un continuo gioco di ombre che poi va ad aggiungersi all'arte di differenziare con le nuances il senso del testo. Può bastare a chiarire l'osservazione la sequenza dei Lieder n. 11, 12, 13, 14. L'11, «Mein!» vive di un canto alacre, agito, contento, scoppiettante di gioia. Essa si placa nel 12, «Pause», fatto di sonorità contenute, meditative, interrogative.

A questo proposito è impressionante come nell'ultima strofa la voce cerchi il mezzoforte e fin quasi il forte, prima di ripiegarsi su «Lieder sein?».
II 13, «Mit dem grünen Lautenbande» recupera in sentimento, in baldanza e dunque in sonorità compiute, compite, ma sempre temperate da quel gioco chiaroscurale cui si faceva cenno. Si arriva a «Der Jäger», «Il Cacciatore», forse il Lìed più drammatico della raccolta: una vera croce per ogni esecutore. Kaufmann lo interpreta con una plasticità viva e palpitante, togliendosi di dosso quell'immobilità emotiva, quella raggelata maniera che spesso nelle Liederabend si scambia o, peggio, si contrabbanda per stile.

Essa apre all'esito impetuoso di «Eifersucht und Stolz», alias «Gelosia e fierezza», intonato con accento puntiglioso e determinato.

D'altronde per Kaufmann il ciclo poetico di Die Schöne Müllerin è una storia dai risvolti realistici, dove il protagonista finisce per suicidarsi e per buttarsi nel fiume. II suicido non è solo psicologico, è un gesto estremo, ma vero. II dettaglio non è senza importanza per l'interpretazione e per quel taglio così chiaroscurato che gli detta un canto generoso, anche quando esso si fa più incensamento lirico.

Non è un caso che Kaufmann, non estraneo anche ad esperimenti con strumenti originali, vale a dire con l'accompagnamento di pianoforti d'epoca, dalle sonorità trasparenti, scelga un pianoforte moderno. Ma quale strumento antico potrebbe reggere le esplosioni del Lied n. 17 e, offrire al contempo, un sufficiente sostegno per la singolare mezzavoce?

All'interno di questa esecuzione, che tra l'altro, rifacendosi a fonti d'epoca, accoglie anche una serie di piccole varianti, destano forte emozione gli ultimi tre Lieder.
Dopo un memorabile «Trockne Blumen», il dialogo di «Der Müller und der Bach» spinge Kaufmann a trovare voci diverse all'interno della voce stessa. E poi, se non bastasse, si inventa qualcosa di nuovo per la conclusione: I'ipnotica berceuse del ruscello. Ancora una volta l'originale vocalità di Kaufmann, la sua organizzazione tecnica non sempre ortodossa fugano ogni dubbio e bastano alle necessità di una simile partitura.

Le tre incisioni sono ottime. Quella della Decca è allo stato dell'arte, come solo in famoso marchio sa fare. La voce è resa in maniera mirabile, pur concedendo al pianoforte, in simbiosi con il tenore, tutto lo spazio che deve avere.

Manualistiche e sbrigative le note del volume dell'Opera Rara, eccellenti quelle di Kaufmann, poco più di una piccola introduzione quelle di «Quando nasceste voi...», dovute a Daniela Uccello.






 
 
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