Connessi all'Opera, 12 Ottobre 2022
Alessandro Mormile
 
Insieme, Opera Duets – Jonas Kaufmann & Ludovic Tézier
 

Questo nuovo CD della Sony Classical è stato inciso in Italia, presso l’Auditorium Parco della Musica, con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano, una bacchetta con la quale il tenore tedesco Jonas Kaufmann e il baritono francese Ludovic Tézier hanno spesso cantato sulle scene. L’album, intitolato “Insieme. Opera Duets”, raduna duetti che coprono un arco temporale che spazia dal Verdi della maturità de Les vêpres siciliennes (i duetti fra Montfort e Henri del I e III atto), Don Carlos (il duetto fra Rodrigue e Carlos), quindi nelle versioni francesi, La forza del destino (i due duetti di scontro fra Don Alvaro e Don Carlo di Vargas e il loro duetto della barella) e Otello (il finale del secondo atto, con Otello e Jago), al repertorio pucciniano e non solo (con il duetto fra Rodolfo e Marcello da La bohème e quello fra Enzo Grimaldo e Barnaba da La Gioconda di Ponchielli); un percorso che ritrae quella che, nelle stesse note al CD, viene indicata come la direzione aperta da Verdi “verso una drammatizzazione della voce cantata e uno stile vocale più realistico, in opposizione all’arte più artificiosa del canto ornato nel belcanto della prima generazione romantica”.

A queste accensioni appassionate aveva già ceduto Verdi stesso. Si pensi a quel torrente di lava in musica che è il solenne giuramento declamatorio che conclude il duetto di Otello, o allo scontro fra Don Alvaro e Don Carlo di Vargas, alimentato da un odio insanabile fra i due rivali, mentre in Don Carlos il rapporto fra tenore e baritono si tramuta dal piano della rivalità a quello dell’amicizia, che lega i due personaggi, Carlos e Rodrigue, nel comune ideale di lotta per la libertà delle Fiandre dalla dominazione spagnola dell’Inquisizione. Comunque siano le scelte operate per questo album, anche a livello promozionale-pubblicitario l’intento della raccolta è di passare un messaggio: quello dell’amicizia fra due artisti, spesso al fianco sulle scene. Entrambi, nelle note riportate nel booklet, si lodano a vicenda, fornendo esempi di vita vissuta sulle scene, che artisticamente li lega attraverso un’intesa cementata nel tempo. Cantarono per la prima volta a Parigi, in un Werther del 2010, poi in una memorabile Forza del destino a Monaco di Baviera nel 2013, mentre mai sono stati assieme sul palcoscenico in Otello, perché Kaufmann ha debuttato nella parte del Moro di Venezia a Londra, nel 2017 (ha poi inciso l’opera alcuni anni dopo con gli stessi complessi di questo CD e la direzione di Pappano), mentre Tézier ha avvicinato Jago per la prima volta a Vienna, più recentemente, nel 2021.

Al di là di aneddoti che li legano sulle scene con un conclamato sodalizio di intesa artistica, Kaufmann e Tézier rappresentano quello che, nell’immaginario collettivo, è il meglio del canto moderno per il repertorio verdiano e non solo. Ovviamente la nostra analisi parte dai risultati di questo CD, che sono assai significativi, e non tiene in considerazione come la loro carriera mostri, nel caso del tenore tedesco, approdi non sempre equilibratissimi nella resa vocale, anche se sul piano artistico sempre corollati da quello che fa di lui un tenore non propriamente ortodosso nell’emissione eppure capace di trasformare anche i difetti in meriti espressivi altamente artistici. Più uniforme appare il percorso del baritono francese, passato ad eseguire Verdi e a divenirne il migliore interprete odierno dopo aver affrontato ruoli più lirici (affrontati anche nell’ambito del repertorio francese non prettamente verdiano), acquisendo una drammaticità di canto maturata col tempo, fondendo il magistero di un canto morbido e legato con una profondità espressiva più in linea con quelle che sono le esigenze di un dettato canoro verdiano attinente alla parola; elemento, quest’ultimo, portato da altri baritoni oggi famosi al pari di lui verso conseguenze estreme, saggiamente evitate da Tézier. Siamo dinanzi, dunque, pur con percorsi apparentemente dissimili, verso l’approdo a risultati che offrono l’immagine di quello che oggi è la fotografia di un canto verdiano affinatosi nel gusto, nello stile e nella fedeltà al testo scritto, e che in loro assume l’espressione massima, al di là di quelle che sono state e saranno le prove sulle scene dei singoli interpreti in questione.

Scendendo nel dettaglio, dopo aver lodato il tessuto orchestrale sempre teatralissimo offerto da Antonio Pappano, siamo dinanzi a due cantanti che, appunto, non si accontentano di mostrare la bellezza delle loro voci, ma interpretano e “sentono” ciò che cantano: cesellano nota dopo nota, accento dopo accento la musica legandola al significato della parola. Questo appare già ad apertura del CD, ascoltando il duetto fra Rodolfo e Marcello, dove Kaufmann attacca “O Mimì tu più non torni” accarezzando le ali della nostalgia amorosa nel pensare agli odorosi capelli della sua Mimì come pochi tenori del presente e del passato sanno fare, e la fa con quel timbro scuro, se volete anche velato eppure poeticissimo. Quando le voci si uniscono, si ha da subito la prova delle meraviglie che questo CD riserverà nelle tracce successive.
Nel duetto da La Gioconda, quando il suono di Kaufmann qua e là si opacizza, all’opposto il mantello sonoro di Tézier è saldo e con un’emissione sempre perfettamente coperta. Si passa a Les vêpres siciliennes, con i duetti fra Montfort ed Henri del primo e terzo atto, dove la pronuncia francese di entrambi è accurata ma il canto del baritono francese appare più “libero”, meno costretto da una tessitura che mette l’Henri di Kaufmann un po’ alle strette al di là della innegabile ricercatezza di fraseggio. Nel secondo duetto dei Vêpres le arcate melodiche morbide e nobili di Tézier fanno da giusto contraltare al canto più plasmato sulla parola di Kaufmann, senza però che si avverta alcun contrasto nel rendere il confronto fra i due sempre teatrale e avvincente.

Eccoci al duetto di Don Carlos, anche in questo caso proposto nella versione francese, uno dei vertici di questo CD. Qui le voci sono entrambe a proprio agio. Da un lato, si ammira l’eleganza del Marchese di Posa di Tézier, il respiro del suo canto nobile, di alto lignaggio sonoro, da vero grand seigneur; dall’altro si coglie il tormento di Kaufmann, dell’Infante di Spagna, riflesso di una psiche inquieta, di un’anima infelice; un connubio perfetto, non solo vocale ma anche espressivo, che vede le due voci unirsi nella stretta finale con Kaufmann che emette taluni suoni alla “tedesca”, sbiancandoli, ma ad arte, come lui sa ben fare.

Nella Forza del destino, al di là della mezzavoce che Kaufmann utilizza nel duetto della barella (magistrale il suo “Or muoio tranquillo”, con la soffice smorzatura su “Vi stringo al cor mio”), il canto si fa più muscoloso nei duetti di scontro e vede i due artisti fronteggiarsi con una forza vocale che non fa forse dimenticare il titanico involo dei grandi interpreti novecenteschi, ma lo libera da screziature e contaminazioni veriste, da una muscolosità di canto fine a se stessa, per quanto inebriante lo fosse ai tempi in cui Del Monaco e Corelli, Bastianini e Warren, tanto per citare alcuni fra i nomi più esemplificativi, regalavano tonnellate di suono granitico che i due interpreti moderni mitigano, non solo per specifiche caratteristiche vocali ma perché più attenti a donare al canto quegli accenti nascosti spesso sacrificati dal titanismo dei passati interpreti. Ed ecco che Kaufmann canta “No, d’un imene un vincolo” inondandolo di orgoglio venato di non perduta speranza di riunirsi all’amata Leonora, di una mestizia venata di toccante sensibilità. Lo stesso dicasi quando Kaufmann intona, nell’ultimo duetto-scontro, “Le minacce, i fieri accenti”, tentando di mascherare il fiero orgoglio ferito con il desiderio di perdono e pietà mentre Tézier gli risponde provocando la fierezza sopita del rivale scatenando un duetto dove il furore non cede mai ad un bieco vociferare, anche quando, con quel “Finalmente” e con la frase successiva, “Ti fai dunque di me scherno?…/S’ora meco misurarti, /o vigliacco, non hai core, /ti consacro al disonore…”, Don Carlo schiaffeggia Don Alvaro portandolo a brandire la spada.

L’ultimo ascolto è dedicato alla conclusione del secondo atto di Otello. Qui Kaufmann esegue in maniera un po’ opaca “Ora e per sempre addio sante memorie”, perché tenta di scurire il suono seguendo un modello che però non è totalmente suo e lo pone dinanzi al confronto impari con l’indimenticato modello lasciato da Mario Del Monaco. Mentre Tézier, Jago, cesella il “Sogno” senza indulgere in suoni falsettanti, bensì seguendo il modello della autentica mezza voce, ricamando la parola (un capolavoro è poi la frase, riferita al fazzoletto, “un tessuto trapunto a fior e più sottil d’un velo?”), l’Otello di Kaufmann attende a far esplodere la gelosia belluina, colorata dal dubbio che la precede alle parole intonate, come in un sussurro deluso, in “È il fazzoletto ch’io le diedi, pegno primo d’amor”. Con uguale arte espressiva lo Jago di Tézier gli risponde con la frase, “Quel fazzoletto ieri (certo ne son) lo vidi in man di Cassio”, scandita con un’eloquenza che è difficile immaginare più sibillina e falsamente allusiva. Dilaga, in chiusura, un giuramento dove i due interpreti sembrano essere sempre personaggi oltre che cantanti attenti al suono, complice la direzione di Pappano, che riesce a trovare, anche in momenti di torrenziale energia sonora tutta esteriore come questo, ragioni teatrali giuste e commisurate al momento.
Splendida la qualità della registrazione, come di consueto avviene con la Sony Classical. Di più non vi saprei narrar, se non consigliare l’ascolto di questi due giganti del canto e della interpretazione moderna.

 

 






 
 
  www.jkaufmann.info back top