Musica, giugno 2014
Stephen Hastings
 
Gounod - Faust
 
Dal punto di vista dell'impianto scenico questo Faust, ripreso al Met nel 2011, non si distingue molto da tanti altri allestimenti che puntano (secondo una convenzione ormai logora) sugli spostamenti cronologici. L'azione si avvia nel laboratorio di un ricercatore nucleare alla fine del secondo conflitto mondiale; uno scienziato tormentato dai rimorsi rivive la sua giovinezza (in una specie di flashback) nel momento di suicidarsi. Il regista americano Des McAnuff offre dunque una visione «laica » dell'opera di Gounod che tuttavia non è incompatibile con la forte religiosità del compositore. Ma se si eccettua una « Nuit de Walpurgis » abbreviata e poco comprensibile, il flashback (che termina alla fine con la morte di Faust) viene recitato con apprezzabile verità psicologica. Le transizioni tra una scena e l'altra sono gestite benissimo e McAnuff inventa gesti audaci senza tradire la psicologia dei personaggi delineati da Gounod, Barbier e Carré. L'esempio più scioccante arriva alla fine di una « Scène de l'Église» di grande intensità: Marguerite partorisce il bambino avuto con Faust sul pavimento della chiesa e lo affoga nel fonte battesimale. Il soprano moscovita Marina Poplovskaya recita la parte benissimo e dispone di un voce duttile e bella che si espande nel registro alto con luminosa pienezza. La pronuncia francese non è sempre eloquente e i trilli non hanno una sgranatura ideale, ma nel complesso la sua interpretazione conquista e affascina. Così come il Méphistophélès di René Pape, la cui voce appare un po' ispessita nel primo atto, ma poi si scioglie, raggiungendo una flessuosità idealmente elegante. Il fraseggio è insinuante ma anche autorevole, e l'attore sorprende sia per la sua agilità fisica che per la sua capacità di comunicare una volontà autenticamente malefica.

Più limitate le risorse attoriali del protagonista Jonas Kaufmann: un Faust Musicalmente ammirevole e sempre raffinato nel fraseggio (colpisce abbondante del registro di testa, con un diminuendo virtuosistico sul Si naturale di « Je t'aime» nel secondo atto), ma meno vivo nell'accento di Roberto Alagna (protagonista di un DVD della messa in scena londinese di David McVicar) e meno seducente nel porgere di alcuni grandi Faust del passato (Thill, Di Stefano, Björling).

Il Valentin di Russell Braun — una voce solida ma poco amabile —emerge come un personaggio particolarmente ottuso e insensibile. Ben delineato il Siébel di Michele Losier, e la Marthe di Wendy White partecipa alla trama con evidente godimento. Il concertatore Yannick Nézet-Séguin capisce a fondo la partitura di Gounod come pochi direttori oggi e fa ri-innamorare l'Orchestra e il Coro del Met di una partitura che aveva inaugurato il grande teatro newyorchese nel lontano 1883.
 






 
 
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