Corriere della Sera, 29 novembre 2012
Giuseppina Manin
 
Barenboim e l'eroe fragile: Lohengrin somiglia a Bond
 
Il maestro scherza sull'opera. Le sorprese del regista Guth
MILANO - «Sarò un cigno anch'io», promette Jonas Kaufmann. Ma come? Lei è Lohengrin, il cavaliere senza macchia né paura, quello che i cigni li usa come cavalli a trascinare la barchetta su cui arriva... «Vero - ribatte il bel tenore bavarese, il 7 dicembre protagonista dell'opera wagneriana che aprirà la stagione della Scala, Daniel Barenboim sul podio -. Stavolta però le cose vanno un po' diversamente dal solito. Stavolta la regia di Claus Guth lascia spazio al dubbio sull'innocenza di Elsa accusata di aver ucciso il fratellino. Lo stato di confusione, di delirio, in cui lei si trova potrebbe lasciar trapelare un suo oscuro coinvolgimento nella misteriosa sparizione del bambino. E accendere nella sua mente ogni sorta di allucinazioni. Come quel candido cigno che le porta la salvezza».

Cigno che, a quanto pare, Guth non ci mostrerà. «Ci saranno dei cenni. Nella visionarietà di Elsa ci sono anch'io. Non stupitevi se mi spunteranno delle piume qua e là». Lohengrin riserva sempre sorprese... «Continua ad affascinarmi per la sua complessità. È un personaggio diviso in due, da una parte l'eroe semidivino, uno dei custodi del Santo Graal, dall'altra l'uomo capace di perdere la testa e innamorarsi. Senza però poter mai rivelare alla sua bella chi lui sia. Una situazione complessa, che non sa gestire. A dimostrazione che i super eroi non devono avere famiglia. Lohengrin sa fare i miracoli ma è impreparato ad affrontare le donne. La sua missione speciale nel mondo fallisce. Forse, era la sua prima volta. Anche James Bond ha dovuto fare gavetta prima di diventare 007».

«A proposito, anche Bond non svela mai alle donne chi è davvero e da dove viene... Dev'essere un'eredità wagneriana», rincara scherzoso Daniel Barenboim, ieri mattatore di un affollato incontro su «Lohengrin» all'Università Cattolica condotto da Enrico Girardi. Dopo aver ricordato che Wagner auspicava per il suo eroe un interprete capace di cantare «all'italiana», il maestro ha definito l'opera come «l'armonicamente meno interessante» del compositore tedesco ma anche «la più facile e orecchiabile». Quanto alla drammaturgia sostiene: «L'idea straordinaria è nel terribile contrasto tra le due coppie, quella spirituale di Elsa e Lohengrin e quella perversa di Ortrud e Telramund». In questa edizione Guth sottolinea la fragilità del protagonista, semidio ma anche uomo. «È il problema di ogni Dio oggi. Sia cristiano, ebraico o musulmano, dopo tutte le crudeltà, le sofferenze, le guerre, gli olocausti della nostra storia, anche Lui è diventato fragile». Persino la musica non rende migliori. «Un mostro come Hitler aveva le lacrime agli occhi sentendo un passaggio del "Lohengrin". E Stalin adorava Mozart... La musica in sé non basta. Fin dall'asilo bisogna insegnare a non separare le emozioni dell'ascolto dai valori civili. Altrimenti credo che la classica non avrà un gran futuro».

Infine la polemica sul centenario Verdi-Wagner. «Discussione inutile - taglia corto -. Che differenza c'è a inaugurare una stagione con l'uno o l'altro quando poi si faranno quasi tutte le opere di entrambi? A parte il fatto che Verdi è nato nell'ottobre del 1813. All'anniversario manca quindi quasi un anno».
 






 
 
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