Connessi all'Opera, 22. August 2023
Stefano Bisacchi
 
Konzert: Arena di Verona, 20. August 2023

Verona, Arena Opera Festival 2023 – Jonas Kaufmann in Opera
 
 
Mentre Nerone infiamma la penisola e la città di Verona e la brezza della sera non riesce a placare il calore che si leva dalle sue strade gremite e dalle pietre infuocate dell’Arena, Jonas Kaufmann si appresta ad accendere l’entusiasmo del numeroso pubblico assiepato sulle storiche gradinate, in uno degli appuntamenti certamente più attesi della stagione del Centenario, il Gala Jonas Kaufmann in Opera – Arena 100. Ma se è il tenore bavarese “l’eroe eponimo” della serata – salutato al suo ingresso sul palco da un sonoro “bravo” a cui spiritosamente risponde facendo capire a cenni di attendere che il concerto sia cominciato per dirlo – non è il solo protagonista della serata, perché con lui, in un programma impegnativo, cantano altri due nomi che oggi brillano nel panorama internazionale: il soprano Sonya Yoncheva e il baritono Ludovic Tézier. La scaletta è ricca e alquanto originale, prevedendo una prima parte che, dopo la romanza di Cavaradossi dal primo atto di Tosca, è sostanzialmente incentrata su pagine da Otello di Verdi e Andrea Chenier di Giordano, e una seconda parte che progressivamente include, accanto ad arie e duetti d’opera, alcuni grandi classici dell’operetta per arrivare a Bernstein e chiudersi con Ennio Morricone, mentre, con l’eccezione del preludio dalla Carmen di Bizet, eseguito come introduzione all’Habanera, non sono previsti brani strumentali. È, dunque, un programma interamente concepito “sulla voce” intesa come strumento e sulle doti di interpreti dei tre solisti, ma che vuole anche, nel finale, fungere da lancio all’ultima fatica del tenore in sala d’incisione, il CD The sound of Movies, in uscita il 15 settembre.

Il divo del momento, dicevamo, è accolto da scroscianti applausi quando si presenta sul palco con il maestro Jochen Rieder che dirige l’orchestra della Fondazione Arena di Verona. Le prime battute di Tosca, con gli accordi di Scarpia, fungono da introduzione alla romanza “Recondita armonia” che apre la serata. Diciamolo subito, per onestà: io sono fra coloro che non amano particolarmente l’emissione particolarissima e personalissima di Kaufmann; la trovo artificiosa nel registro centrale, con suoni gonfiati e intubati. Non è una questione di timbro, che anzi è fascinoso, brunito e caldo; è piuttosto un tratto tecnico che più volte e da più parti è stato rimarcato e che emerge subito dall’esecuzione di questa celebre pagina pucciniana, la quale, per altro, evidenzia subito l’altra caratteristica che ha fatto di Kaufmann Kaufmann. Siamo di fronte infatti a un grande interprete, dotato di profonda intelligenza musicale e conoscenza del repertorio che affronta, di cui sa analizzare e curare ogni dettaglio segnato in partitura per indagare le intenzioni dell’autore. Il controllo dello strumento è assoluto, la concentrazione dell’esecutore sempre attenta, pronta a prevenire e intervenire per mettere a fuoco ogni singola nota. Le prime frasi suonano slegate, segnate forse da un eccesso di ricerca del dettaglio, quasi troppo intellettuali; i tempi dilatati staccati dall’orchestra contribuiscono alla parcellizzazione, rendendo difficoltosa un’unità formale, ma siamo ancora all’inizio, perché il balzo in avanti avviene con il duetto “Già nella notte densa” che chiude il primo atto dell’Otello di Verdi. In questa più ampia pagina, affiancato da una strepitosa Sonya Yoncheva, Kaufmann riesce a dipingere un personaggio che, smessi i panni dell’eroe, trova una sua dimensione intima, accesa di un’ampia gamma di sentimenti quanti sono colori che sa infondere alla sua voce. Ancora si potrà dire che le mezze voci sono più propriamente un falsetto, ma, nuovamente, a prevalere è la capacità di mettere la tecnica al servizio della musica. L’attacco è carico di mistero, di stupore, carezzevole, quasi un ringraziamento la frase “e tu mi amavi per le mie sventure”, maschio ma non sopra le righe il ricordo dell’impeto della battaglia, estasiato il suo “vien, Venere splende”. La Yoncheva non è da meno: voce dal timbro caldo e pastoso, sorretta da un’ottima tecnica, si ripresenta al pubblico dell’Arena in perfetta forma. La sua Desdemona si distingue per morbidezza di emissione, varietà del fraseggio e maturità interpretativa. Ne emerge il ritratto di una donna consapevole, sensuale a tratti, profondamente innamorata del suo sposo. È un canto di estrema eleganza il suo, mai forzato, capace di fuggire l’effetto per ricercare la giusta sfumatura, l’accento suadente.

Terzo a salire sul palco per questo Gala e a imporsi da subito è Ludovic Tézier, baritono dal timbro chiaro e omogeneo che in ogni pagina affrontata si è fatto sempre più apprezzare per padronanza tecnica e stilistica. Il suo Iago – esegue il celeberrimo “Credo” – si segnala per scavo psicologico e nobiltà di fraseggio, per quella “signorilità” che è una caratteristica del baritono verdiano. Lontano anche lui dagli eccessi, da ogni tratto che renda il male del personaggio fine a se stesso, dimostra di avere compreso la volontà di Boito e Verdi che immaginavano un personaggio ambiguo e sfuggente, sottilmente malvagio. La selezione da Otello si conclude con il monologo del Moro, “Dio mi potevi scagliare”. Ancora una volta Kaufmann mostra il meglio di sé: la prima parte perfettamente declamata con varietà di accenti nel pieno rispetto della scrittura verdiana che quasi anticipa, pur mantenendosi nella tradizione di un canto intonato, lo sprechgesang; la seconda una prodigiosa esibizione di controllo vocale nella salita verso l’acuto, con uno splendido legato sulle frasi centrali “ma, o pianto o duol, m’han rapito il miraggio”, sino al magnifico e prorompente “o gioia” finale, forse l’acuto migliore della serata, di certo quello con maggior squillo.

Due le pagine da Andrea Chénier: il monologo di Gerard, “Nemico della patria” salutato da un’ovazione del pubblico per la tavolozza dinamica esibita da un Tézier in stato di grazia, assolutamente ineccepibile a mio avviso nella resa di questa magnifica pagina; e, a concludere la prima parte del concerto, il sublime duetto finale dell’opera, “Vicino a te s’acqueta”: sebbene significhi ricercare il pelo nell’uovo e possa dare l’idea errata di non avere apprezzato e ammirato un’esecuzione maiuscola, qui il canto di Kaufmann è forse stato penalizzato dal pathos interpretativo che la Yoncheva è riuscita a infondere alle batture di Maddalena, con un fraseggio controllatissimo eppure dirompente nella sua naturalezza e facilità di emissione, con acuti ben proiettati che quasi prevaricavano quelli del tenore.

La seconda parte, maggiormente articolata, ha visto Kaufmann eccellere in “Freunde, das Leben ist Lebenwert” dalla Giuditta di Lehár e in una nobilissima resa di “Dein ist mein ganzes Herz” da Das Land des Lächelns: in entrambe la voce scorreva più libera sul fiato, mitigando quegli effetti che paiono, come ho detto, artificiosi; mi pare che, quando ciò accade, l’interprete riesca a dare davvero il meglio di sé, a mettere a centro tutte le numerose frecce del suo arco, come nel caso della poetica resa di “Maria” da West Side Story di Leonard Bernstein. Sonya Yoncheva – superba nella sognante “Somewhere” dal medesimo musical – ci offre un’eccellente resa dell’Habanera dalla Carmen di Bizet, carica di sensualità e spogliata di ogni grezza volgarità, a dimostrazione di quanto la cura per l’intenzione musicale e la parola possano ottenere. È una Carmen ammiccante eppure prorompente, dal fraseggio allusivo, carezzevole e graffiante che avvolge un timbro che assume la morbidezza e il calore di un velluto. Le fa eco l’Escamillo di Ludovic Tézier, che nel celebre “Votre toast” trova venature malinconiche e ammiccanti per la frase del refrain “Toreador en garde” e sfoggia nuovamente un fraseggio nobilissimo e di somma raffinatezza nell’aria di Dapertutto “Scintille, diamant” da Les Contes d’Hoffmann di Offenbach.

Questa seconda parte del concerto prevedeva un solo duetto, l’esecuzione a due voci di” Non ti scordar di me” di Ernesto de Curtis in cui Kaufmann e Yoncheva hanno saputo sottolineare gli stretti legami fra tradizione popolare e musica colta, evitando quel canto a gola aperta che, secondo Del Monaco, era invece richiesto da pagine come questa e dalla canzone popolare (ma, per sua stessa ammissione, non per questo più semplice). Delle due pagine di Ennio Morricone, “Nella fantasia”, dal film The Mission, cantata a tre voci, e “Nelle tue mani” dal film Gladiator, intonata da Jonas Kaufmann, convince maggiormente la seconda: a parte la retorica dei due testi – scontata e ovvia – l’arrangiamento del primo brano è ripetitivo, mentre nel secondo Kaufmann ritrova slancio, passione e mette in gioco tutte le sue qualità di cantante e interprete, sfoggiando un registro acuto ben sostenuto e raggiunto con facile padronanza tecnica.

Accolti da scroscianti applausi del pubblico, gli interpreti hanno risposto con generosità di bis, non risparmiandosi: Kaufmann ha superato se stesso con un’interpretazione da antologia di “Come un bel dì di maggio” dallo Chénier, che ricorderemo per la morbidezza dell’attacco, lo struggente colore infuso alle prime frasi musicali e il pathos controllato del finale; semplicemente magnifico a mio avviso, capace di vincere ogni incertezza: il musicista e l’interprete vincono il mero cantante e innanzi a tanta poesia sia soggiace in silenzio. Segue Sonya Yoncheva che sfoggia un fraseggio ampissimo e mezze voci da sogno in “Oh mio babbino caro” da Gianni Schicchi; Kaufmann ritorna con la quasi immancabile “Mattinata” di Ruggero Leoncavallo, che tuttavia poco aggiunge a quanto sin qui ascoltato ed è poi la volta di Tézier con una pagina ormai rarissima, di grande raffinatezza: “Voilà donc la terrible citè” dalla Thaïs di Massenet. A gran richiesta due bis ormai immancabili: “Nessun dorma” da Turandot di Puccini con un Kaufmann che non accenna segni di stanchezza, sebbene l’ultimo vincerò non possegga lo squillo di altri celebri colleghi del passato, e il Brindisi da La traviata di Verdi.

Sebbene il programma non prevedesse brani sinfonici, l’orchestra, diretta con mano sicura da Jochen Rieder, ha avuto modo di farsi apprezzare contribuendo in maniera determinante agli esiti di un concerto alla cui fine il pubblico pareva non volersi arrendere, tributando applausi e una standing ovation al protagonista eponimo, e i cui esiti artistici hanno raggiunto a tratti livelli altissimi per tutti e tre i solisti. Una magnifica serata per i 100 Anni dell’Arena.
 
 
 
 






 
 
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