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OperaClick, 29 Oct 2020 |
Giovanni Botta
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Liederabend, Milano, Teatro alla Scala, 22. Oktober 2020
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Milano - Teatro alla Scala: Recital di Jonas Kaufmann |
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Il 22 ottobre il Teatro alla Scala ci offre una rara possibilità di prendere
parte ad un avvenimento che sortisce effetti e affetti indelebili sull'anima
di chi ne prende parte. Jonas Kaufmann, coadiuvato dalla maestria di Helmut
Deutsch, ha trasfigurato con vividi colori la prosa della vita in
endecasillabi. Il tenore tedesco è la prova tangibile di quanto il genio
artistico sovverta la dura e rigida convenzionalità dei paradigmi divenendo
unico e ineguagliabile. Il recital eseguito ricalca fedelmente il programma
dell’ultimo cd del tenore (registrato durante la quarantena sempre con
Helmut Deutsch), “Selige Stunde”.
Il tenore tedesco manda in
visibilio il pubblico, attraverso un Liederabend densissimo, dai ritmi
serrati e privo di pause che ci prende per mano attraverso i mondi
iperuranici delle idee musicali oltre il mero fenomeno; il tenore configura
così, in maniera progressiva, paesaggi sonori simbolici ed espressivi non
solo con il canto ma con la sua attitudine demiurgica di dare corpo a delle
idee musicali che paiono incalzarlo. Proprio a causa del particolare impatto
su di noi di questo recital andremo un po’ oltre il resoconto meramente
cronachistico della serata e ci soffermeremo a raccontare uno ad uno i brani
eseguiti.
Kaufmann esordisce con Der Musensohn di Schubert
assecondando con duttilità vocale il ritmo brioso del Lied,contraddistinto
da un vagare pieno di hilaritas che viene resa in maniera puntuale, pur
conservando un assoluto controllo della zona del centro della voce, dove il
Lied insiste sortendo un grande piacere percettivo.
Nel secondo Lied,
Adelaide di Beethoven, urge parafrasare Winkelmann perché ci troviamo di
fronte ad una “nobile semplicità e quieta grandezza”: la voce di Kaufmann è
elegante, pulita, nobile e ha un correlato ideale nella sua postura che
rivela un dominio assoluto dello spazio e una totale assenza degli scompensi
che spesso ravvisiamo in cantanti in piena carriera. L'Adelaide è raccontata
dalla sua voce, dipinta, raffigurata, scolpita nel suono vibrante del suo
strumento che risuona in teatro con facilità disarmante.
Kaufmann ha
una voce teatralissima e il suo approccio al liederismo è congruente a tale
prerogativa: la voce è piena di armonici, ricca, opulenta, vibrante ma nello
stesso tempo capace di infinite modulazioni e gradazioni di accenti. Il
tenore possiede inoltre un passaggio di registro curatissimo, come dimostra
la difficile frase “Adelaide”, che va sul Sol del passaggio di registro,
raccolto con giustezza assoluta e squillo proiettivo, a dimostrazione che la
voce conserva il suo impianto operistico senza indulgere in manierismi o
aperture sbiancanti.
A seguire due dolcissimi Lieder mozartiani:
Sehnsucht nach dem Frühling e il celeberrimo Das Veilchen. Il primo è un
Lied minuettato in 6/8 che esprime una letizia gentile che diventa nenia e
desiderio di primavera. Qui il tenore sembra farci quasi sentire la carezza
gentile della brezza e gli effluvi dei fiori conservando un’emissione dolce
ma sempre appoggiata e mai falsettata.
In Das Veilchen Kaufmann porta
alla luce il senso tragico dei versi di Goethe, ammantati di apparente
gaiezza sonora, soprattutto nella frase “Ach nur ach nur”, oppure nella
frase seguente “Es sank und starb und freut” dove il tenore esegue il
Rallentato e il seguente Stringendo portando nella voce il presagio di morte
della violetta.
Nel Lied seguente di Friedrich Silcher su testo di
Gottfried Herder, Ännchen von Tharau, il tenore conduce la sua voce in una
dinamica in piano che fa davvero sentire la dolcezza della vita coniugale,
dell'amore eterno e del bene della scelta definitiva dei due innamorati; con
la sua voce sentiamo i trasalimenti del suo cuore per Annetta di Tharau: la
frase “Du meine Seele, mein Fleisch und mein Blut”, ad esempio, è resa in
maniera poeticamente sognante, così come il finale “Ännchen von Tharau mein
Reichtum”.
Il concerto prosegue con Gruss e il bellissimo Auf Flügeln
des Gesanges di Mendelssohn. Nell'accoppiata in questione Kaufmann
intensifica la sua prodezza dinamica grazie anche al testo di Heine; in Auf
Flügeln pare che il tenore, senza apparenti segni di sforzo, ci conduca
davvero verso i prati in riva al Gange, facendoci librare sui giardini
fioriti o udire lo scorrere calmo del fiume fino all'apice del trasalimento
nell’ultima strofa “Dort wollen wir niedersinken”, dove la nostra anima è
sospinta verso regni di pace.
Lo straordinario Lied di Schumann,
Widmung, si attaglia perfettamente a Kaufmann che libera questa volta la sua
carica drammatica, teatrale e sognante chiudendo anche qui con la frase
'Mein guter Geist, mein besseres ich!' con un passaggio di registro
perfetto. È la volta poi di Es Muss di Liszt in cui ancora una volta il
tenore plasma con la sua voce l'idea di un amore eterno nella buona e nella
cattiva sorte e crea un’atmosfera morale rarefatta fino a rendere tangibile
e icastica l'ultima frase, “Sich nur von Liebe sagen” dove non è una morte
drammatica quella suggerita, ma una morte che ha un destino di eternità
certificato dalla promessa d’amore.
Nel seguente brano di Grieg, Ich
liebe dich, il tenore utilizza ancora modalità vocali nuove, tra il dolce e
il risoluto, che concretizzano l'ossessione amorosa ed eterna significata
dal Lied in questione.
Nel non consueto Lied di Carl Bohm (riscoperto
e suggerito da Helmut Deutsch) Still wie die Nacht, Kaufmann si muove a suo
agio nella prima ottava senza affondare e nemmeno ingrossare il suono,
preservando così uno squillo nitido e penetrante nella zona media che non
presenta alcuna brusca cesura con quella grave; il tenore si lascia poi
andare ad una repentina accensione vocale nella ultima strofa struggente
“Heiβ wie der Stahl... soll deine Liebe sein” dove sfoga tutta la sua
teatralità, a dimostrazione che i Lieder possono e devono essere cantati con
la propria voce, senza mistificazioni.
Kaufmann procede con il
meraviglioso e purtroppo sconosciuto Selige Stunde di Alexander Zemlinsky.
Anche in questo caso non lesina nessuna risorsa a disposizione della sua
vocalità. Qui il tenore è compenetrato nei versi bellissimi di Paul
Wertheimer in cui si canta il perdersi nell'amato; sentiamo in maniera
chiara l'ammainare delle vele della volontà indomita dell’amato che riversa
la pena del vivere nel grembo della donna, ed è nel finale “Meine Wünsche...
und schlafen” che la voce del tenore ci conduce nell'abbandono tra le
amorose braccia materne o forse nel grembo rassicurante di Dio.
È il
momento per il tenore di affrontare Richard Strauss con Zueignung, in cui il
cantante sa scuotere il pubblico con note acute sul fiato e lucentissime
come nel La del finale in corrispondenza della parola “Heilig”.
Kaufmann continua cimentandosi in tre composizioni schubertiane, Die
Forelle, Der Jüngling an der Quelle e Wandrers Nachtlied II. In tutte e tre
la corda del tenore è ideale per l'afflato schubertiano, la voce si fa
racconto in musica totalmente al servizio del senso poetico.
Per
Interpretare o usare la voce così come fa Kaufmann non occorrono solo il
talento innato e il carisma (di cui il tenore abbonda) ma anche mondi
culturali, spirituali, simbolici e di gusto attraverso cui una buona voce e
una buona tecnica possono davvero trovare compimento per non cadere nel
vizio del tecnicismo asfittico e smunto.
Il climax della serata è
raggiunto dal sognante Wiegenlied di Brahms, dove siamo d'incanto cullati da
una ninna nanna profonda, accarezzati dalla sua nenia cantilenante e
reiterativa. La voce di Kaufmann qui ha una duttilità assoluta, passando da
mezze voci sognanti ad accenti vibranti senza soluzione di continuità.
Kaufmann opta per una lettura del “Wiegenlied” a nostro giudizio teologica,
nel senso che è nella ninna nanna che il bimbo scopre la presenza
rassicurante nella assenza. Kaufmann ci ridona uno sfondo trascendente di
senso, perché anche se per pochi minuti la musica e la voce salvano l’uomo
dall’angoscia.
Nel Lied di Dvořák, Als die alte Mutter mich noch
lehrte singen, sembra che il tenore riesca a tratteggiare la lacrima,
protagonista di questo Lied incantevole, tanto da sentire davvero solcare il
nostro viso. Kaufmann è padrone assoluto dei nostri sentimenti e noi
felicemente ci sentiamo in balia di una forza catartica, catalizzatrice,
magnetica ma soprattutto poetica. Anche nel seguente branodi Chopin, In mir
klingt ein Lied, sentiamo come la voce del tenore voglia provocarci e
insinuare in noi la dolcezza della melodia chopiniana quasi come un
sortilegio ipnotico che ci trasporta oltre il tempo e lo spazio.
In
Nur wer die Sensucht kennt di Čajkovskij la voce del tenore ci dona un'altra
pagina splendida grazie al il timbro vocale brunito e caldo, mentre in
Mondnacht di Schumann la voce diventa evocativa facendosi luna, cielo,
quiete di un cielo notturno pieno di stelle, ed è tutta cantata in una mezza
voce timbrata fino al parossismo struggente dei suoi pianissimi in morendo.
Nel famoso Allerseelen di Strauss siamo trasportati nel giorno
commemorativo dei morti, ma conservando sempre aspetti di speranza, che si
palesa nella frase finale e nella vibrante e risoluta ascesa nel La bemolle
in fortissimo in corrispondenza della parola “wieder” (ancora) che guarda
caso sembra ratificare la certezza che la morte non è certo l'ultima parola
della vita. Magistrale poi l'interpretazione di Verbogenheit e Verschwiegene
Liebe di Hugo Wolf, in cuiil tenore restituisce con la sua perizia vocale la
grandezza della scruittura Wolfiana.
L'epilogo del concerto è
affidato a Ich bin der Welt abhanden gekommen di Mahler, in cui si
percepisce il lacerante intimismo della scrittura del compositore pienamente
espressa dalla voce che ci fa sentire il mesto riconoscimento del sentirsi
soli ed estraniati al mondo. Il pianissimo magistrale dell’ultima frase “In
meinem Lieben, in meinem Lied” mostra che l'uomo non ha bisogno del rumore
del mondo e nemmeno del suo consenso perché ha in sé tutto quello che
occorre. Forse non è un caso che il recital si chiuda con questo Lied,un
appello quasi a trovare forza nei nostri cieli, nel nostro amore e nella
musica; sembra di sentire l'appello di Sant'Agostino: “In interiore homine
habitat veritas”, non cedere allo scoraggiamento (a maggior ragione in
questi tempi) quando sembra che il mondo svanisca.
Dopo alcuni bis
(tre) rigorosamente liederistici, Kaufmann si congeda cantando Core ‘ngrato
di Salvatore Cardillo, appannaggio dei più grandi tenori della storia. Anche
qui lascia il suo segno inconfondibile. La canzone napoletana è spogliata di
veemenza, di muscolarità, fino a caratterizzarla da una pervasiva melanconia
e dolcezza vocale. Kaufmann interpreta magnificamente, sottolineando nella
seconda strofa un senso ironico che di solito sfugge ai più, come “O
confessore ch’è persona santa m’ha ditto: figlio mio lassala sta” come a
dire che quel dolore d'amore in fondo non merita e allora ecco che il Si
bemolle finale esplode come deve in conseguenza di un’attestazione di
dolore.
Il progetto estetico ed interpretativo del recital di
Kaufmann si è avvalso anche dell'apporto di Helmut Deutsch che ha operato
miracoli di espressività attingendo sonorità delicate, profonde che non
esiteremo a definire metafisiche e oniriche. Il maestro Deutsch che vanta un
sodalizio lunghissimo (forse il più lungo della storia) con Kaufmann si è
perfettamente inscritto nei piani sotterranei di un pianismo tenero, tutto
teso a cedere il passo ai nuclei semantici del testo e allo sforzo esegetico
profondo del tenore, senza per questo relegarsi in una posizione marginale,
ma anzi divenendo con lui medium elettivo del discorso musicale. Entrambi
paiono compenetrati da un preciso ideale vocale e musicale che mette da
parte sistematicamente la centralità oppressiva dell'ego.
Alla fine
ovazioni, fiori e tripudio di consensi. Un plauso al Teatro alla Scala che
ha saputo organizzare un recital di così alto livello artistico tanto più
apprezzabile in un momento di così grande difficoltà per la musica e la
cultura nel nostro Paese.
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