Opera Click, 03 Jul 2016
Silvano Capecchi
 
Puccini: Tosca, Bayerische Staatsoper, 1. Juli 2016

Monaco di Baviera - Nationaltheater: Tosca
 
Quando, assistendo ad un’opera super inflazionata come Tosca, si rimane incollati alla poltrona e affascinati come se fosse il primo ascolto, significa che l’obbiettivo è stato centrato. E l’obbiettivo, in questo caso, era quello di togliere al capolavoro pucciniano le incrostazioni di una tradizione interpretativa obsoleta, che si faceva carico di una gestualità caricata e innaturale, oltre che di modi vocali che miravano e mirano a mettere in rilievo più le bellurie vocali che il flusso drammatico dell’azione. Fin dall’inizio si intuisce che saranno banditi ingredienti ad alto tasso glicemico, effetti gratuiti strappapplausi. Recondita armonia è un soliloquio eseguito per lo più a mezza voce e il sei tu finale, smorzato a un soffio e tenuto, va a fondersi mirabilmente con l’attacco dolcissimo dei violini. Tosca e Mario non sono due vezzosi maturi signori che si scambiano patetiche effusioni, ma due giovani pieni di gioia di vivere, innamorati e spontanei, capaci di giocare con gli accenti anche in modo autoironico. Così la Divina Cantante improvvisa a Fiorite o campi immensi una sottile piccola recita ad esclusivo uso del suo Mario che la applaude ridendo. Poi c’è la magia di Qual occhio al mondo dove È qui che l’esser mio s’affisa intero viene legato in piano a Occhio all’amor soave, sorretto da un’orchestra tenera e dolce su un tempo lentissimo che richiede al tenore riserve di fiato impressionanti; un momento, questo, di pura poesia. Scarpia non è un bruto, ma un essere crudele e carismatico che ispira vero terrore ai sottoposti. Gli basta sibilare sottovoce Tre sbirri, una carrozza per sottomettere alla sua volontà Spoletta, una specie di cattivo sfigato che sembra uscito dalle pagine di Sturmtruppen, anche per la pronuncia non immacolata di Kevin Conners. Lo stesso Spoletta verrà in seguito sottoposto a sevizie e schiacciato sotto il piede del capo rialzandosi dolorante.

Della regia originaria (dal lontano ricordo che ho di un video con la Mattila e Uusitalo) mi sembra sia rimasto poco (i fiori sparsi dalla protagonista per terra al primo atto, il Te Deum, le prostitute all’inizio del secondo atto e altre cose non di grande rilievo). La messa in scena con i pezzi persi per strada è stata descritta da Fabrizio Moschini in occasione della ripresa al Metropolitan di New York nell’ottobre scorso. Sembra ormai che ad ogni nuova proposta gli interpreti non solo rechino un apporto personale ma ormai sostituiscano la loro visione a quella di Luc Bondy. E in questo caso si può dire non sia stato un male. Il personaggio più “tradito” è Scarpia, non più laido e perverso mostro, ma un uomo dal portamento signorile che nasconde l’anima nera dietro a modi più che urbani che solo di tanto in tanto deflagrano nella violenza fisica. Tosca è una giovane donna elegante, raffinata e, come dicevo, anche ironica, che perde le staffe solo sotto la pressione della gelosia e della violenza. Solo Mario è più uguale a se stesso. Giovane spontaneo, dolce, appassionato, coraggioso.

Kirill Petrenko ottiene dall’orchestra un suono nitido, lucente; tagliente quando necessario. Retorica e sdilinquimenti sono banditi come la peste. L’opera assume connotati di tragica ineluttabilità, gli eventi scorrono verso la fine attraverso uno svariare di colori estremamente diversificato, grazie a una ricchezza dinamica eccezionale e un controllo dell’orchestra assoluto. Volendo proprio trovare un neo, nella recita del 1 luglio, è accaduto che in due o tre casi sia mancato il perfetto aplomb col pascoscenico. Ma si tratta di poca cosa di fronte ad una interpretazione che lascia il segno.

Dei cantanti in pratica ho già accennato sopra. Aggiungerò che Anja Harteros fa suo il ruolo con grande sicurezza. Inoltre ha fascino scenico e vocale. Il registro acuto è saldo e sonoro. Non la sospiri la nostra casetta ha la necessaria leggerezza e precisione. Nel duetto del primo atto alterna mirabilmente grazia, civetteria, leggerezza, passione. Negli sfoghi di gelosia perde l’aplomb, ma senza mai essere volgare, e così negli scontri con Scarpia. Vissi d’arte è cantato benissimo con pathos e morbidezza, se vogliamo essere pignoli appena appena offuscato da una certa fissità nella discesa in piano finale. Nell’ultimo atto la sua cieca fede nella riuscita del suo piano è commovente.

Jonas Kaufmann è in gran forma. Recondita armonia è resa con un abbandono e un gioco di dinamiche esemplari. Più avanti alterna canto amoroso, simpatia scenica, slancio. Come già detto Qual occhio al mondo è un grande momento. Gli acuti sono sicuri e solidi e Vittoria! Vittoria! con quel che segue è elettrizzante. Le poche frasi rivolte al Carceriere rivelano un fraseggiatore e un interprete d’eccezione, mentre E lucevan le stelle è sobrio e nostalgico. Il successivo duetto ha un bel respiro, ma a mio gusto il gioco dei pianissimi è un po’ troppo estremizzato.

Bryn Terfel domina il palcoscenico grazie ad un carisma innegabile. Gli accenti sono fortemente calibrati senza mai scadere nella volgarità. Il suo Scarpia è temibilissimo senza alzare troppo la voce. La tessitura di Quest’ora io l’attendea e quel che segue mette a dura prova la sua vocalità non più freschissima, ma il personaggio che ne sorte ha un impatto potente.

Di Spoletta ho già detto. Il Sagrestano di Christoph Stephinger aveva il pregio di non andare troppo sopra le righe, ma non era molto interessante vocalmente e l’Angelotti di Goran Juric svolgeva il suo compito con correttezza.

Di buon rilievo Christian Rieger (Sciarrone), Igor Tsarkov (Carceriere) e una lode particolare all’ignoto membro del Tölzer Knabenchor, esemplare per colore di voce, proiezione vocale e linea di canto, nel ruolo del Pastorello.

Il successo meriterebbe un capitolo a parte. Le ovazioni fragorose e interminabili che hanno accolto al termine della recita Harteros, Kaufmann, Terfel e Petrenko, dopo un ascolto attentissimo e silenzioso per tutto il corso dello spettacolo, fanno storia a sé e coronano una recita che si può definire tranquillamente di altissimo livello.

La recensione si riferisce alla recita del 1 luglio 2016.


















 
 
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