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l'Ape musicale
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di Gustavo Gabriel Otero |
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Massenet: Werther, Metropolitan Opera, 18. Februar 2014
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Je vous écris de ma petite chambre |
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Nella nuova produzione di Werther a cura del regista Richard Eyre e dello scenografo e costumista Rob Howell, Jonas Kaufmann colpisce per il continuo approfondimento di un ruolo cui offre un’interpretazione a tratti impressionante. Di pari livello tutta la produzione, con la raffinata e intensa direzione di Alain Antinoglu e la Charlotte memorabile di Sophie Koch.
NEW YORK 18 febbraio 2014 – Il Metropolitan di Nueva York ha proposto un
nuovo allestimento di Werther a firma di Richard Eyre, che ha previsto
qualche piccola attualizzazione. Si nota il camino lento ma inesorabile che
Peter Gelb ha tracciato per il rinnovamento visivo dell’opera in questa
emblematica sala. Come protagonista si è chiamato quello che è oggi forse il
maggior interprete dell’opera di Massenet: Jonas Kaufmann. Al suo fianco
come Charlotte ha brillato il mezzosoprano francese Sophie Koch.
In
questa nuova produzione, dunquem, Richard Eyre ricorre, soprattutto nel
primo atto, a video, realizzati da Wendall K. Harrington, per completare
informazioni di cui troviamo solo qualche indizio nel testo. Il Preludio
comincia con il proscenio incorniciato come una cartolina natalizia, quindi
si mostra la morte della madre di Charlotte, il corteo funebre fino al
cimitero e il trascorrere delle stagioni per giungere all’estate in cui la
tragica vicenda ha inizio. Nell’interludio di quest’atto la casa di
Charlotte se trasforma in una sala da ballo, affinché la si possa vedere
ballare un waltzer con Werther, abbracciati nella festa, per tornare poi nel
medesimo giardino. Uccelli, foglie, alberi mossi dal vento, le lettere di
Werther scritte in grafia tormentata, e nuovamente la cartolina natalizia ci
vengono mostrati di volta in volta nel corso dell’opera.
La
scenografia di Rob Howell ricorre a una serie di archi squadrati per
demarcare l’azione. In alcuni momenti questi archi si torcono – quasi a
significare che, nonostante le apparenze, le cose non stanno andando bene –
mentre altri restano disposti in ordine perfetto a mostrare il falso ordine
borghese della casa di Werther e Charlotte. La natura domina la suggestione
della casa familiare di Charlotte e Sophie; nel secondo atto possiamo vedere
la piazza di Wetzlar, la campagna e, in secondo piano, la funzione religiosa
che si sta celebrando in quel momento; il terzo atto è ambientato in
un’abitazione con enormi librerie e diverse poltrone. Nell’ultimo la
stanzetta di Werther avanza dal fondo fino al proscenio, fin dentro alla
casa di Albert e si blocca come se ne facesse parte, in una soluzione molto
simile a quella di Benoît Jacquot, per il Covent Garden e l’Opéra de Paris.
L’ambientazione pare collocata fra il 1890 e il 1910, approssimativamente. I
costumi, pure di Howell, sono di buon disegno e fattura ed è particolarmente
degno di nota come Charlotte splenda nel suo magnifico abito da sera (quasi
da sposa) per andare alla festa del primo atto. Al contrario Werther è
sempre vestito allo stesso modo, con un lungo soprabito scuro che pare
d’epoca anteriore rispetto ai costumi degli altri personaggi, quasi
rimarcando la condizione del protagonista, estraneo alle convenzioni, alle
ambizioni e agli interessi comuni.
Richard Eyre convince per il buon
lavoro sugli attori e per alcune soluzioni, come quando Albert giunge nel
primo atto con una divisa militare, il che giustifica la sua assenza di sei
mesi ed è coerente con la personalità inflessibile del personaggio; nel
terzo atto, ancora, Charlotte cerca di bruciare le lettere in una stufa al
lato della scena, senza riuscirci; o quando nell’intermezzo fra terzo e
quarto atto ci viene mostrata l’angoscia di Charlotte prima di risolversi a
raggiungere Werther, così come vediamo lo stesso Werther che serra la porta
della sua stanzetta, scrive lettere d’addio, tenta di suicidarsi con un
colpo alla testa, fallisce, prova di nuovo puntando al cuore, steso nel
letto, e sentiamo il colpo, vediamo il sangue schizzare sulle pareti.
Fa discutere l’ultimo istante della regia firmata da Eyre, che termina
con Charlotte che impugna l’arma utilizzata da Werther puntandola alla
testa, con un possibile intento suicida. Corretta la coreografia del ballo
del primo atto a cura di Sara Erde e adeguate le luci di Peter Mumfordf.
Il maestro francese Alain Altinoglu ha diretto con precisione, finezza e
padronanza dello stile, conducendo l’orchestra del Met in una visione
raffinata, equilibrata, passionale e romantica della partitura di Massenet.
Buono l’equilibrio fra buca e scena, così come fra tutte le sezioni.
Si può dire che Jonas Kaufmann non interpreta Werther ma che sulla scena
egli è Werther. Kaufmann è un artista intelligente, sicuro, studioso,
ispirato, dall’eccellente linea di canto e preciso stilisticamente. Se lo si
confronta con la sua stessa interpretazione di París – disponibile in DVD –
si nota come abbia ulteriormente approfondito lo studio del personaggio; la
sua interpretazione è differente, quasi più intensa e con maggiori
sottigliezze, rifiniture, colori e accenti.
È da notare come lavori
per conferire il giusto significato a ogni battuta con un ottimo francese e
come passi da frasi sottili, quasi sussurrate, ad altre a voce piena. Il suo
bel colore baritonale, in un registro chiaramente tenorile, è un valore
aggiunto per la sua prestazione vocale. Le sue mezzevoci sono fantastiche e
realizza in alcune frasi dei crescendo che giungono a un’intensità
travolgente grazie al suo mezzo poderoso. Vediamo Kaufmann come un giovane
incantato dalla natura e dall’amore che sta nascendo nel primo atto, per
cedere poi il passo a un personaggio tormentato, angosciato, ombroso. Nel
terzo la sua salute mentale è svanita ormai e il suo ingresso, pallido e
allucinato, in casa di Albert e Charlotte è impressionante. La scena della
morte è cantata con un fil di voce commuovente.
Sophie Koch non si
discostava molto dalla sua eccellenza, come Charlotte. Il timbro è bello,
l’emissione omogenea, il francese immacolato e la recitazione squisita.
Notevole il rapporto che crea con Kaufmann nei primi due atti, quando si
dibatte fra amore e dovere. La sua grande scena del terzo atto è stata
sorprendente per trasporto emotivo e immedesimazione. Parimenti tutto il
finale è stato memorabile.
Nel ruolo odioso di Albert il David Bižić
ha esibito una vocalità potente e ben gestita, mentre Lisette Oropesa è
stata un’incantevole Sophie dall’acuto brillante e dal fraseggio radioso.
Con un canto un poco usurato Jonathan Summers ha reso il Bailli, padre di
Charlotte, e un esempio dell’attenzione riservata dal Met nella scelta dei
comprimari sono stati Tony Stevenson y Philip Cokorinos, Schmidt e Johann di
altissimo livello, e il resto del cast.
Sabato 15 marzo alle 13 (ora
di New York) l’opera sarà trasmessa in oltre sessanta paesi in alta
definizione audio e video [e da Radio3 Rai, ndr]: da non perdere.
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