Amadeus, marzo 2014
GUY CHERQUI
 
Verdi: La forza del destino, München, Dezember 2013/Januar 2014

Una guerra civile cupa e violenta per un trio senza uguali
 
Dopo un Evgenij Onegin che ha trionfato grazie anche al nuovo direttore musicale, Kirill Petrenko, La forza del destino ha proposto uno dei trii di riferimento della scena lirica attuale: Jonas Kaufmann, Anja Harteros, Ludovic Tézier. Per questa nuova produzione che ha onorato l'anno di Verdi (dopo Il trovatore di quest'estate) si è fatto appello a Martin Musei, regista di solito meglio ispirato, che ha concepito quest'opera, ibrida e colorata, con i suoi personaggi tragici e buffi, come centrata sulla guerra: una guerra civile (spagnola?) violenta e cupa, dove Preziosilla e Melitone perdono in funzione e colore (peraltro l'intervento di Mastro Trabuco nell'atto III è soppresso, così come la tarantella che gli succede). Soli momenti riusciti, da una parte il primo atto molto opprimente, concepito come un pasto in famiglia teso e angosciante, e le scene raggelate di Martin Zehetgrüber (il terzo atto ricorda le costruzioni di Gae Aulenti per Ronconi) per cantanti che sanno muoversi come dei combattenti del cinema: se Kaufmann lo fa magnificamente, che ne sarà di altri tenori meno agili?

Dal punto di vista musicale, la mancanza attuale di direttori di riferimento nel repertorio verdiano si fa sentire allorché si ascolta l'orchestra, a punto tecnicamente e con solisti notevoli (il clarinetto), diretta da Asher Fisch. Certo, la lettura fa rilevare con chiarezza alcuni elementi della partitura, ma manca spesso di personalità, di dinamica, di colore, con tempi piuttosto lenti che nuocciono alla palpitazione necessaria. Del cast bisogna annotare che Nadia Krasteva dovrà abbandonare il ruolo di Preziosilla, per la voce instabile, problemi di giustezza e omogeneità; Vitalij Kowaliow, Padre Guardiano (e Calatrava) non ha la voce di basso profondo che ci si aspetta, e questo disturba nei duetti con Leonora: un'interpretazione impegnata, ma pallida. Quanto al Melitone di Renato Girolami, molto infastidito di non essere il personaggio buffo che ci si attende, lo si sente costretto, malgrado una voce presente e ben impostata.

Tutto lo spettacolo poggia sul trio Alvaro/Carlo/ Leonora, e se uno degli interpreti manca, l'impianto rischia di crollare. La Leonora di Anja Harteros è senza rivali oggi: voce possente, acuti trionfanti, crea un personaggio commovente di grande presenza. Ludovic Tézier è un Carlo imponente, che forza forse un po' la voce (Posa gli conviene meglio), ma che ha l'intensità e la potenza di un vero baritono verdiano. Resta Jonas Kaufmann, con la sua tecnica controllata, il timbro un po' troppo scuro, ma impressionante come personaggio: i suoi acuti potenti provocano l'entusiasmo della sala. Insieme, i tre artisti hanno creato tensione e successo immensi (circa 25 minuti di trionfo) a conferma che Verdi può ancora mandare il pubblico in delirio.




















 
 
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