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Artribune, 16 dicembre 2012 |
Giuseppe Pennisi |
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Wagner: Lohengrin, Teatro alla Scala, 7. Dezember 2012
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Sul nodo drammatico di Lohengrin alla Scala
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Lohengrin di Richard Wagner - che inaugura la stagione 2012/2013 della Scala di Milano - apre con i fischi. Sono diretti a Ronny Dietrich (drammaturg) e a Claus Guth (regista).
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Le critiche apparse su testate nazionali hanno espresso perplessità su
allestimento scenico, drammaturgia e regia, pur lodando gli aspetti
musicali. Le ‘disposizione sceniche’ di Richard Wagner rispecchiano il modo
di mettere in scena un’opera nell’epoca in cui è scritta. Una più profonda
riflessione è nell’esegesi Der Vospiel zu Logengrin che tratta i tre
principali temi dell’opera: il contesto storico; il contrasto tra paganesimo
e cristianesimi; il significato del rapporto d’amore.
La vicenda si
svolge nell’alto medioevo quando Re Enrico l’Uccellatore chiama a raccolta i
popoli tedeschi per difendersi dall’invasione degli ungheresi. Nel Ducato
del Brabante è in corso un conflitto di successione risolto dall’arrivo di
un Cavaliere il quale prima intervenire nella disputa, vuole restare anonimo
e si fa giurare che rivelerà il proprio nome e le proprie origini solo dopo
un anno nel Paese. È in corso in parallelo una guerra religiosa tra
neo-convertiti (spesso forzosamente) al cristianesimo ma ancora fedeli agli
dei germanici e cristiani.
Qui l’azione è spostata a fine
Ottocento-inizio Novecento. Il conflitto c’è ma è di classe. Nel 1845-48
(quando lavorava a Lohengrin), Wagner si era molto avvicinato ai movimenti
rivoluzionari filo-bakuniniani. Questo gli costò una condanna a morte e un
lungo esilio. In un saggio recente, Quirino Principe ricorda che questo
influenzò molto il suo pensiero. Ciò si inquadra nel primo atto situato nel
cortile di Casa Wagner, un Re vestito come un Generale bismarckiano e un
Lohengrin, invece, truccato come James Dean in La Valle dell’Eden di Elia
Kazan.
In un mondo di capitalismo nascente e di nuove diseguaglianze,
Lohengrin ed Elsa sono due disadattati, pieni di tic nervosi, sull’orlo
della nevrosi. Lohengrin pare angosciato dal non avere idee sulle proprie
origini (al pari del protagonista del romanzo di Steinbeck e del film di
Kazan, le acquista alla prima esperienza sessuale); Elsa ha avuto ‘giochi
proibiti’ con il fratello Goffredo, erede al Ducato di Brabante ma
inspiegabilmente sparito e della cui morte è proprio lei a essere accusata.
Nel secondo atto, il Wagner rivoluzionario si avverte ancora maggiormente
(anche se non era più il ventottenne pieno di ardore che pochi anni prima
aveva scritto e composto Rienzi). Nelle messe in scena tradizionali abbiamo
a sinistra un praticabile romanico e a destra la cattedrale di Anversa.
Nella edizione Dietrich-Gluth, invece, resta unicamente il cortile della
vasta casa con un minimo di attrezzeria: si prepara un matrimonio alto
borghese (Elsa indossa l’abito bianco di Claudia Cardinale ne Il Gattopardo,
la sua antagonista Ortrude lo stesso abito ma in nero). Lohengrin è
chiaramente a disagio tra tanti frac e cappelli a cilindro. Ha la barba non
rasata da alcuni giorni, si toglie la white tie. In quell’ambiente è ancora
di più un outsider. Lo è anche Elsa che cade nelle trame di Ortrude ed è
spinta a rompere il giuramento di non far domande sulla natura del suo
‘salvatore’. Nel terzo atto, il mondo industriale è giustapposto a una
palude dove Lohengrin ed Elsa si rifugiano per restare soli dopo le nozze.
Nella palude stanno dandosi l’una all’altro, quando Elsa pronuncia le
domande fatali che, pur impedendo a Lohengrin di completare l’atto sessuale,
lo rendono maturo e in grado di affrontare il mondo circostante ma lo
costringono a tornare da dove è venuto.
La drammaturgia e la regia di
questa versione scaligera interpretano – dal nostro punto di vista –
correttamente sia un contesto di tensioni politiche (pur attualizzandolo:
oggi le tensioni di classe sono più vicine di quanto non possa essere la
difesa nazionalistica dei tedeschi contro gli invasori ungheresi) sia il
contenuto erotico – sentimentale (l’amore come fiducia assoluta). Non
colgono però gli aspetti religiosi a cui il luterano Wagner dava importanza.
Senza dubbio è una lettura di Lohengrin possibile avendo a
disposizione un tenore-attore come Jonas Kaufmann (che ha quarant’anni ma
sembra un adolescente) e soprani belli e giovani come Ann Peterson e Annette
Dasch.
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