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AGI, 07 DIC 2012 |
Hans Sachs |
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Wagner: Lohengrin, Teatro alla Scala, 7. Dezember 2012
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Lohengrin strega la Scala. 'Giallo' sull'inno di Mameli suonato alla fine
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Milano, 7 dic. - Un'opera fiabesca, ambientata nell'Ottocento, in versione
'americana', con abiti che richiamano alla mente il Gattopardo. Con re e
nobildonne.
Angeli e demoni, piume contro spade. E soprattutto con un
cavaliere senza paura, che sembra arrivare da un altro mondo.
Il
Lohengrin di Richard Wagner, diretto dal maestro Daniel Barenboim, con la
regia di Claus Guth, che questa sera ha aperto la stagione di opera e
balletto 2012-13 del teatro alla Scala di Milano, ha conquistato il pubblico
in sala. Che gli ha tributato 13 lunghi minuti di applausi. Interrotti solo
per ascoltare l'inno di Mameli che Barenboim ha scelto di eseguire alla fine
dell'opera.
Fiori e lodi sono piovuti sul palco per rendere
omaggio a Dasch, Kafmann e Herlitzius. Una vera ovazione ha
meritato il maestro argentino e la sua orchestra, sapientemente dislocata
anche in alcuni palchi, del quinto 'ordine'. Stavolta grande assente, anche
se 'giustificato', il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
affezionatissimo alla Scala e amante dell'opera, e' stato trattenuto a Roma
da 'impegni istituzionali', come ha scritto lui stesso, in una lettera al
maestro Barenboim. Non pervenuto anche il presidente della Commissione
Europea, Jose' Manuel Barroso, che non e' riuscito a raggiungere Milano a
causa della neve a Bruxelles. Ma il Governo non ha fatto mancare la propria
presenza. Il sala il Presidente Monti, insieme a sua moglie Elsa. E diversi
ministri: quello dello Sviluppo Economico Corrado Passera, quello per i Beni
e le attivita' culturali Lorenzo Ornaghi, quello degli Esteri Giulio Terzi
di Sant'Agata, e quello per i rapporti con il Parlamento, Pietro Giarda.
Presente anche il Ministro alla Cultura francese Aureline Filippetti.
Alla serata, evento culturale e mondano per eccellenza del Sant'Ambrogio
milanese, si sono visti anche Marta Marzotto, Silvia Urso Falck, Sabina
Negri e l'attrice Francoise Debora. L'ereditiera Kazaka Gaga ha fatto il suo
primo ingresso nel teatro del Piermarini con Lapo Elkan. Da tutti parole di
elogio per l'opera andata in scena. Dimenticata dunque ogni polemica sulla
scelta dell'opera wagneriana per la inaugurazione della stagione 2013, in
occasione delle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Wagner e
Verdi. A quest'ultimo sara' dedicata l'inaugurazione della prossima stagione
scaligera, con la Traviata. L'allestimento di Guth (regista molto apprezzato
la scorsa stagione nella Donna senz'ombra di Strauss) che ha scelto di far
fare ai protagonisti un salto temporale, portandoli dal X secolo
all'Ottocento, ha calamitato l'attenzione del pubblico (anche se non del
tutto convinto) nonostante le quasi cinque ore di opera cantata in tedesco.
Mai un orizzonte in scena: l'architettura 'chiusa' e raccolta, di una
sala circondata da balconate. Niente effetti speciali, ne' cieli squarciati
dai lampi o luci bianche puntate sui protagonisti per farli sembrare
ultraterreni, come in una versione dell'opera del 2007. Ma un'ambientazione
essenziale, con una balconata che ricorda quelle dei saloon. E poi
l'abbigliamento del tempo, con semplici pantaloni, gilet e camice (scene e
costumi di Christian Schmidt). Lohengrin che gira scalzo. E un omaggio che
non passa inosservato al Gattopardo: l'abito indossato da Elsa per il
matrimonio, e' lo stesso che indossava Claudia Cardinale nel famoso film di
Visconti. Anche Ortrud si presenta alle nozze con lo stesso abito, ma di
colore nero. I 'buoni' qui sono sempre vestiti di bianco e i 'malvagi' di
nero. Non ci sono armature lucenti. Cosi' come non ci sono artifici o
stratagemmi per l'arrivo attesissimo del 'cigno', che nel libretto, traina
un 'barchino' che trasporta il Lohengrin, per le rive della Schelda
dall'arcano regno del Santo Graal. Ebbene il tutto e' lasciato
all'immaginazione. La presenza del cigno e' ricordata continuamente da
qualche piuma bianca, che in tutti gli atti spicca sul legno scuro del
pavimento o sul tappeto rosso, srotolato dal coro, elegantissimo quando
indossa la bombetta. Diretto dal maestro Bruno Casoni, e' stato impeccabile.
Cosi' come il cast, eccezionale. Per ogni ruolo, aveva detto a ragione il
sovrintendente Stephane Lissner c'e' il miglior interprete. Anche se con
qualche cambio in corsa.
Anche importante. A questo proposito grande
coraggio e professionalita' ha dimostrato Annette Dasch, che questa sera ha
interpretato Elsa von Brabant, al posto di Anja Harteros, influenzata.
Analoga indisposizione contratta dal soprano Ann Peterson, che aveva
sostituito la Harteros alla anteprima giovani. Annette Dasch, ha grande
familiarita' con il ruolo di Elsa, poiche' dal 2010 ne interpreta il ruolo
al festival wagneriano di Bayreuth. E giunta nella notte a Milano per
sotituire questa sera il soprano.
Insieme a Jonas Kaufmann
(Lohengrin) ha saputo tradurre bene il candore e l'amore puro, concedendosi
anche qualche slancio di passione. D'altra parte non passa inosservato il
physique du role del bel tenore. Altrettanto apprezzati i due
'malvagi', Tomas Tomasson (Friedrich von Telramund) ed Evelyn Herlitzius
(Ortrud).
Quest'ultima forse non cosi' folle e rosa dall'odio come la
voleva Wagner. Gran bel timbro anche Rene' Pape (il re Heinrich der Vogler)
e Zeljko Lucic (Der Heerrufer des Konigs). Ogni cantante sembrava essere
perfettamente a proprio agio nel ruolo che interpretava. L'opera, la sesta
in ordine cronologico composta da Richard Wagner, e' ambientata nel Brabante
del x secolo e racconta la storia di Lohengrin, cavaliere del Sacro Graal,
inviato da Dio per difendere Elsa di Brabante, ingiustamente accusata di
fratricidio. La scomparsa di Gottfried, fratello di Elsa, e' in realta'
frutto di una fattura della strega Ortrud, una delle oscure divinita' della
Germania arcaica. Lohengrin, salva l'amata dalle gravi accuse e la chiede in
sposa. L'unica condizione che pone, e' che Elsa non gli domandi mai, chi sia
e da dove provenga. Deve rimanere in incognito come gli impone il suo ruolo
di difensore del Graal. Ma la fanciulla, divorata dal dubbio, e istigata da
Ortrud, non resiste e pretende di conoscere la sua identita'.
Fine
della storia felice. Lohengrin si svela ma poi e' costretto a ripartire per
sempre. Lohengrin e' la precisa mescolanza di epica leggendaria, accenti
fiabeschi e riferimenti storici. Lo stesso Wagner ha messo in evidenza il
rischio di fermarsi alla componente "cristiano-romantica" di Lohengrin
mentre la vera chiave di lettura dell'opera e' la tragedia del cavaliere
divino come metafora di quella dell'"artista assoluto", che non vuole essere
venerato, ma compreso e amato. E va detto che nell'opera andata in scena
questa sera, il 'rischio' che la componente cristiana dominasse non c'e'
stato per niente. Anzi la cattedrale dove Lohengrin ed Elsa si sposano e'
quanto di piu' laico si potesse rappresentare. L'aspetto sacro, religioso,
nell'opera non e' dominante, se non per l'invocazione al 'cavaliere di Dio',
cosi' come non e' preponderante l'anima germanica. futile qualsiasi polemica
sull'ordine di priorita' tra celebrazioni per gli anniversari wagneriani e
verdiani, e piuttosto patetico il riesumare (perfino, vagamente, in chiave
di antagonismi nazionali) contrapposizioni che infiammarono nella secondo
meta' dell'Ottocento amatori e sostenitori dell'arte di Wagner e dell'arte
di Verdi.
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