Classic Voice, ottobre 2012

PAOLO PETAZZI

 
Puccini: La Bohème, Salzburger Festspiele, 4. August 2012

PUCCINI, LA BOHÈME
 
"Gatti è attentissimo a porre in luce con grande raffinatezza i magistrali caratteri 'europei' francesi e postwagneriani"
 
PUCCINI, LA BOHÈME
INTERPRETI A. Netrebko, J. Kaufmann, M. Cavalletti, N. Machaidze
DIRETTORE Daniele Gatti
RECA Damiano Michieletto SCENE Paolo Fantin
TEATRO Großes Festspielhaus ****

Rileggere La Bohème ambientandola ai giorni nostri pone qualche problema, per il rapporto con il testo e per la particolare atmosfera di quest'opera, che non ha una struttura narrativa convenzionale e dove la rievocazione della giovinezza è trasfigurata nella memoria. Damiano Michieletto e il suo scenografo Paolo Fantin non concedono nulla all'ambientazione consueta; ma sfruttano il gigantesco e difficile palcoscenico del Großes Festspielhaus salisburghese (dove La Bohème si rappresentava per la prima volta nella storia del Festival) per creare spazi antinaturalistici, quasi surreali, spesso di forte suggestione, ad esempio nel primo atto, dove una enorme finestra incombe sui protagonisti (che stanno sul davanzale), facendoli sembrare più piccoli e fragili del consueto. La finestra occupa il palcoscenico per intero in altezza e in gran parte in larghezza. Nel II atto è aperta, e inquadra una Parigi ridotta a mappa per turisti: dove la vigilia di Natale è rappresentata in chiave pop, con renne, babbi Natale e frenetico shopping con i carrelli della spesa, mentre Parpignol scende dal cielo come Superman. Nel III atto è di nuovo aperta sulla desolazione di un chiosco e di una strada all'uscita dalla città, si richiude alla fine, nel IV, alla morte di Mimì. Parigi è ridotta a mappa Google; ma alcuni degli edifici del Quartiere Latino che dovrebbero tradizionalmente far parte dello sfondo sono invece miniaturizzati e usati come sedie nel ristorante del secondo atto (dove l'azione è condotta in modo abbastanza confuso, volutamente, credo, per il piglio frenetico).

In questo spazio stravolto Rodolfo è un video reporter, che somiglia vagamente a Johnny Depp, Mimì ha i capelli e i tatuaggi di Amy Winehouse (e mentre dice di voler accendere il lume chiede in realtà una sigaretta). L'effetto dell'insieme è raggelante, o meglio, fortemente estraniato, secondo una linea seguita con coerenza in uno spettacolo di grande rilievo, anche se forse non compiutamente persuasivo come era stata Madama Butterfly a Torino. Appartengono alla coerenza e alla forza teatrale dello spettacolo il carattere surreale ed estraniato, la severa sobrietà che cancella ogni effetto "commovente", lo sguardo distaccato sulle velleità dei quattro "artisti" (nei cui confronti Puccini è probabilmente un giudice meno severo di Michieletto) e soprattutto sull'atteggiamento irresponsabile di Rodolfo nei confronti di Mimi. Per vie che è difficile spiegare si crea un rapporto efficace con la direzione di Daniele Gatti, attentissimo a porre in luce con grande raffinatezza i magistrali caratteri "europei" (francesi e postwagneriani) dell'orchestra di Puccini, senza tradire l'equilibrio con le voci. Gatti vi è riuscito bene anche nella particolare situazione della seconda recita, cui ho assistito. Il tenore polacco Pinti— Beczala, pregevole Rodolfo alla prima, non era in condizione di cantare, ed è stato sostituito all'ultimo momento da Jonas Kaufmann, a Salisburgo meraviglioso interprete della parte di Bacco nell'Arianna a Nasso di Strauss. Kaufmann ha cantato con grande sensibilità e intelligenza stando ai lati del palcoscenico, mentre Beczala agiva in scena: ciò ha richiesto a tutti una tensione particolare. Meravigliosa Mimi era Anna Netrebko, dall'intensità espressiva ammirevole; bravissimi tutti gli altri, da Nino Machaidze (Musetta) a Massimo Cavalletti (Marcello), Alessio Arduini (Schaunard), Carlo Colombara (Colline).









 
 
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