Telos Primo Piano, Giugno 2015
Marco Sonsini
 
 
Kaufmann - LE VARIAZIONI DI JONAS. STORIA DI UN VIRTUOSO
 
"Non si può sopravvalutare il talento, lo si deve avere per forza se si aspira a stare sul palco, ma per raggiungere il successo serve molto di più."
 
Incontrare la persona giusta nella vita conta. Questo è uno dei messaggi che ci arrivano a questa affascinante intervista a Jonas Kaufmann, una delle voci più importanti dei nostri giorni, e senza ombra di dubbio un sex symbol a servizio dell’Opera (come oggi non ha più paura ad ammettere). Prenotato da qui a sei anni, Kaufmann riesce ad interpretare sia ruoli lirici leggeri alla stregua di Puccini, Verdi, Massenet e Wagner. A 46 anni, la sua carriera ha raggiunto dei livelli che altri tenori possono solo sognare. Ma se non fosse stato per l’intervento del suo maestro, Michael Rhodes, tutto questo poteva non avverarsi. Venti anni fa Kauffman era uno dei tanti tenori lirici a Saarbrücken, interprete dei soliti ruoli classici: Tamino nel Flauto Magico di Mozart, Don Ottavio nel Don Giovanni. Kaufmann parla con tenerezza della sua infanzia fatta di musica, opera e... Italia! Il modo con il quale ci racconta delle sue vacanze italiane ci rende, almeno stavolta, fieri del nostro Paese. Quello che ci rende meno fieri è il leggere dell’importanza che la scuola ha avuto nella sua crescita musicale. Attenzione! Non parliamo di conservatorio, ma di scuola scuola. Tutto ciò sarebbe praticamente impossibile in Italia. La musica è perlomeno negletta nelle nostre scuole, dove, se sono fortunati, i nostri ragazzi seguiranno lezioni di storia della musica, e solo in casi molto rari e grazie all’impegno di insegnanti speciali, canteranno e suoneranno. Tutto ciò è ancora più sorprendente poiché la musica ha un ruolo fondamentale nella vita di tutti i giorni, e ancor di più in quella dei nostri figli. Jonas poi tocca un punto dolente: l’importanza del talento. Come è possibile che alcune persone riescano ad eccellere in alcuni campi, mentre milioni di altre che ci provano non superano la mediocrità? Perché alcune persone sono straordinariamente creative e innovative? Come possono alcuni avere performance strabilianti ad un’età nella quale il buonsenso ci dice che non è possibile? Tutti pensiamo di avere una risposta a queste domande: i pochi eletti superperformer hanno un dono speciale, un’innata abilità a fare quello che fanno in modo straordinario. Ma Jonas Kaufmann, senza sminuire l’importanza del talento, ci regala una prospettiva diversa: i doni naturali, da soli, non possono spiegare una performance eccezionale. La chiave è quella di costruire sul talento con quella che gli scienziati chiamano deliberate practice. È un percorso di attività ben definito che gli artisti di prim’ordine seguono diligentemente. Come ci conferma Jonas.
l’editoriale di Mariella Palazzolo


Telos:
L’Opera è una forma d’arte unica che mette insieme parole, musica, teatro e scenografia. L’Italia è la patria dell’Opera, quello a cui lei ha dedicato tutta la sua vita. Inoltre, l’Italia ha un significato particolare per la sua famiglia (quindi, non è affatto una sorpresa che lei parli un ottimo italiano!). Si è mai sentito ispirato dal nostro Paese e qual è il ruolo che la tradizione operistica italiana ha avuto nella sua carriera?

Jonas Kaufmann:
L’Italia ha un posto speciale nel mio cuore e in quello della mia famiglia, questo è vero. I miei genitori erano convinti che il modo migliore per trascorrere le vacanze fosse quello di
unire cultura e tempo libero; hanno pensato - e credo che avessero ragione - che la combinazione ideale fosse l’Italia: ottimo clima, bel paesaggio e belle spiagge oltre che una grande cultura. Quindi per tanti, tantissimi anni siamo sempre venuti in Italia, almeno una volta l’anno, a volte anche due o tre, ogni anno in un luogo diverso, combinando il relax al mare con le visite ai luoghi della cultura. E questo era un qualcosa che mi affascinava moltissimo; da ragazzo ero molto interessato all’archeologia e, quindi, anche alla storia. Ho anche imparato l’italiano: mia sorella, di qualche anno più grande, non voleva trascorrere tutto il tempo con me, aveva altri interessi. Così ho dovuto trovare dei compagni di gioco in spiaggia. Quindi ho dovuto imparare la lingua, e mio padre mi ha aiutato molto in questo. Ripensandoci adesso, posso solo dire che è stata una grande fortuna e un grande vantaggio perché mi ha permesso di iniziare prestissimo con la lingua. Come tutti sappiamo ormai, da adulti è molto più difficile, se non impossibile, imparare una lingua con la giusta cadenza e accento. Senza dubbio, aver iniziato molto presto a parlare italiano continua ad essermi di aiuto oggi, quando canto il repertorio italiano. Venendo alla seconda parte della domanda: si, l’Italia mi ha ispirato in molti modi, non soltanto in termini di architettura e musica, ma anche nello stile di vita. Io sono dipendente dal cibo italiano. Caffè, dolci, pizza, pasta, e da tutte quelle cose a cui non si può resistere quando si è in Italia. Naturalmente, la tradizione operistica italiana mi ha influenzato specialmente attraverso le magnifiche registrazioni dei grandi cantanti d’Opera italiani, da Claudia Muzio a Franco Corelli.

Il mondo dell’Opera riconosce il suo modo perfetto di combinare parole, teatro e musica. Ovviamente, questo non è accaduto tutto in una notte. Ci può raccontare qualcosa della sua crescita vocale e di come ha scoperto il suo straordinario talento naturale?

Ho sempre amato la musica classica e ho sempre amato cantare. Quando ero alle elementari, facevo parte del coro insieme ad altri bambini. Quando ho iniziato il liceo sono entrato a far parte del coro della scuola, cosa che ho portato avanti per tutti gli anni delle superiori, senza interrompere neanche quando la mia voce ha iniziato a cambiare. Gli ultimi due anni di scuola sono stati piuttosto importanti per due ragioni. Innanzitutto perché sono stato indirizzato verso un corso di musica, e in secondo luogo, perché mi sono iscritto al coro del Gärtnerplatztheater di Monaco, il secondo teatro d’Opera della mia città. Ed è così che, per la prima volta nella mia vita, mi sono trovato sul palcoscenico di un teatro dell’Opera. Con il mio diploma di maturità in tasca, ho seguito il consiglio dei miei genitori e mi sono iscritto all’Università di Monaco di Baviera per studiare matematica. Volevano che io imparassi qualcosa di concreto, significativo, qualcosa che mi avrebbe fatto trovare un lavoro, come mio padre, che ha sempre avuto un buon reddito lavorando in una compagnia d’assicurazioni ed è quindi riuscito a provvedere alla sua famiglia. Volevo una famiglia anche io e mi era chiarissimo che il canto professionale sarebbe stata un’impresa piuttosto rischiosa, soprattutto perché un cantante dipende completamente dal suo stato di salute. Così, ho resistito da studente di matematica per un paio di semestri, ma la certezza di non essere adatto a stare dietro ad una scrivania cresceva e cominciava a pesarmi sempre di più. Quindi ho provato a fare un provino per studiare canto, e mi hanno preso subito. Mi ci è voluto molto coraggio per prendere la fatidica decisione di dire addio alle certezze della mia vita da matematico. Ed è così che nell’estate del 1989, ho iniziato ad esercitarmi per diventare cantante di opera all’Accademia di Musica e Teatro di Monaco di Baviera. Sono entrato in contatto con molti insegnanti, non solo alla Hochschule, ma anche al di fuori, per citarne alcuni Josef Metternich, James King, Hans Hotter. Ma nonostante avessi imparato moltissimo da loro, non ero veramente preparato per la vita quotidiana da cantante di opera. Quando ho iniziato come cantante professionista, nel 1994 a Saarbrücken, credevo ancora nell’insegnamento che mi era stato impartito da studente: essere il tipico tenore tedesco che mette Tamino e Don Ottavio al centro del suo repertorio. Ma ben presto mi sono reso conto di non essere adatto. Fu durante la mia prima stagione in Saarbrücken. Mi sono ammalato subito, e non fui in grado di affrontare tutto quello che dovevo cantare. Nel momento più buio di quegli anni, mi sono ritrovato rauco durante un’esibizione del Parsifal nella quale avrei dovuto cantare la piccola parte del quarto signorotto! Grazie a Dio poco dopo incontrai Michael Rhodes, che mi insegnò a cantare con la mia voce invece di forzarmi di apparire a tutti i costi il tipico tenore lirico tedesco. Per fortuna, riuscii a superare quella crisi piuttosto rapidamente. Ma quando Rhodes mi disse che un giorno avrei cantato Lohengrin o che avrei cantato al Met, scossi la testa incredulo. Ma aveva ragione, e non posso che esprimere tutta la mia gratitudine per aver incontrato questo straordinario insegnante al momento giusto.

Secondo lei il talento è sopravvalutato? C’è qualcos’altro che distingue i cantanti di fama mondiale da tutti gli altri?

Non si può sopravvalutare il talento, lo si deve avere per forza se si aspira a stare sul palco, ma per avere successo serve di più. Ci sono diversi criteri importanti. In primo luogo, vorrei dire, che serve uno strumento bello e affidabile, che consenta di concentrarsi sull’interpretazione e sulla recitazione. Fondamentale è anche lo studio continuo oltre che i progressi in voce e tecnica. Man mano che corpo e mente cambiano, bisogna essere attenti agli sviluppi e lavorare sulla voce. Poi bisognerebbe avere due o tre persone sulle cui orecchie si possa fare affidamento, alle critiche delle quali bisogna dare ascolto. Inoltre, mantenersi in salute è fondamentale per avere una carriera di successo, e questo richiede notevole autodisciplina nella vita di tutti i giorni. Tornando alla seconda parte della domanda: per diventare un cantante di fama mondiale è necessario diventare padrone dello strumento e delle tue possibilità. Diversamente è impossibile rimanere tranquilli. La tecnica è ciò che libera il cantante e gli permette di esprimersi pienamente come artista. Ma a parte ciò, il modo migliore per mantenere un atteggiamento positivo è quello non di essere in competizione ma di rimanere concentrati sul proprio percorso, la propria voce, coinvolgendo anche la voce interiore. E questo lo vorrei dire a tutti i giovani artisti. Bisogna aggrapparsi saldamente ai motivi che ti hanno portato, in primo luogo, ad essere un cantante: innanzitutto l’amore per l’arte e per la musica, e l’idea di dare il proprio contributo esprimendo se stessi. Questo deve essere una vera e propria ancora.

Siamo onesti: lei è uno dei più grandi tenori di tutti i tempi. La sua estensione vocale è ampissima e lei ha dimostrato di essere un attore molto eclettico. Inoltre, ha recitato nei più prestigiosi teatri d’Opera. Qualche tempo fa, ha dichiarato che uno dei momenti più importanti nella sua vita professionale è stato il debutto nel ruolo di Alfredo in La Traviata al Metropolitan di New York, nel febbraio 2006. Quali sono le sue aspirazioni ora?

In generale: mantenermi in salute e avere più tempo per la mia famiglia e per me stesso. Ma credo che la domanda faccia riferimento a questioni più prettamente artistiche. Beh, spero di continuare a crescere vocalmente e artisticamente. E dopo aver recitato una piccola parte accanto a John Malkovich nel film Casanova variations mi piacerebbe fare altri film, non necessariamente come cantante ma come attore. In effetti, preferirei una parte non cantata, ma di sola e pura recitazione.
Marco Sonsini
Jonas Kaufmann, straordinario tenore tedesco naturalizzato svizzero, ormai non si inalbera più se viene definito il bello della lirica. Oggi, a poco più di 46 anni, sta vivendo alcuni fra i momenti più intensi di una carriera felice, progettata e percorsa con grande intelligenza. Il padre lo aveva avviato, chi sa perché, a studi di matematica. A 25 anni, a Monaco, sua città natale, completa i suoi studi musicali alla Hochschule für Musik und Theater e si diploma con lode cantante d’opera e di concerti. Come tutti i cantanti tedeschi ha nel suo repertorio i grandi cicli di Schubert e di Schumann, così come i Lieder di Richard Strauss. Comincia la sua carriera professionale allo Staatstheater di Saarbrücken nel 1994; viene presto invitato a fare altri debutti in importanti teatri tedeschi, tra cui il Teatro dell’Opera di Stoccarda e l’Opera di Amburgo; nel 1997-98 è a lungo impegnato con il Piccolo Teatro di Milano per l’ultima, geniale produzione di Giorgio Strehler: Così fan tutte di Mozart. Viene presto invitato anche in teatri stranieri, la Lyric Opera of Chicago, l’Opéra National de Paris e infine torna a Milano, ma stavolta per La Scala! Metropolitan, Chicago, Parigi, Zurigo, Covent Garden, Scala, Fenice, oltre ai massimi teatri tedeschi ed ai Festival di Salisburgo e di Edimburgo, sono alcune delle ribalte che lo vedono protagonista. Interprete wagneriano per eccellenza ma perfetto anche per Puccini o Verdi, prenotato fino al 2021 (sì, 2021), Kaufmann parla benissimo l’italiano, grazie a ripetute vacanze in Italia con la famiglia, ed è anche molto fiero del suo aspetto latino. Ama la cultura italiana tanto da scegliere nomi italiani per i suoi 3 figli - Carlotta, Fabio e Matteo. Attualmente Kaufmann, sposato e recentemente separato dalla mezzosoprano Margarete Joswig, vive a Zurigo. Da non perdere questo video Scala, cinque bis e 40 minuti di applausi per il tenore Jonas Kaufmann
M. Sonsini






 
 
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