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La Stampa, 04/10/2014 |
Egle Santolini |
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“Il mio gesto d’amore: le operette viennesi” |
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Il nuovo disco del tenore: Lehár? Stolz? Per nulla kitsch Sul forfait alla Scala: che dispiacere
rinunciare a Chailly
I Kaufmann-maniaci milanesi sono depressi:
niente Jonas per il Requiem di Verdi alla Scala, tocca rimediare con
l’ascolto dell’ultimo disco del divino tenore, operette viennesi e berlinesi
cesellate con sublime voce da crooner. Dovevamo incontrarlo vis-à-vis nella
saletta rossa del Piermarini: per colpa della laringite, eccolo invece a
distanza, dalla sua casa di Monaco.
Per cominciare, come va
la gola? E l’umore?
«Sono dispiaciutissimo di aver dovuto
cancellare i concerti alla Scala per colpa di questa indisposizione. Non
solo perché sarebbe stata la mia prima volta con Riccardo Chailly, e ci
speravo da molto tempo. Non solo per quegli splendidi solisti, non solo per
il coro e l’orchestra della Scala. Soprattutto mi dispiace perché le serate
erano dedicate a Claudio Abbado. Ne ho sempre ammirato le qualità
artistiche, il coraggio e la forza di volontà, e tengo nel cuore il ricordo
di tante ore magnifiche passate a far musica con lui».
Come
giudica il fenomeno dei loggionisti arrabbiati?
«Francamente non penso soltanto a loro ma a chiunque sia rimasto deluso
dalla mia defezione. So che queste cose suscitano malumori, ma che cosa
posso farci? A parte ringraziare i fan che hanno capito il problema e che mi
hanno mandato gli auguri».
Veramente io mi riferivo ai
loggionisti inferociti in genere, una nostra specialità. Ma capisco il suo
scrupolo diplomatico. E allora mi dica: ha qualcosa da dichiarare sulla
crisi dei teatri d’opera in Italia? Qualcuno suggerisce che fra i motivi
delle dimissioni di Riccardo Muti ci sia stato un certo fastidio per
l’«Aida» con Pappano in forma di concerto che eseguirete a Santa Cecilia in
febbraio.
«Ma guardi che l’opera è in pericolo anche negli
altri Paesi! Magari non nei teatri più importanti, ma quelli piccoli, dove
si fanno le ossa i cantanti, sono a rischio dappertutto. Quanto all’Aida,
ricordo che l’Accademia di Santa Cecilia ha una lunga tradizione di opere in
forma di concerto. No, l’Aida non è stata riesumata da Tony Pappano per far
concorrenza all’Opera di Roma: in effetti ne parlavamo da 5 anni, e sono
quasi certo che l’Opera l’ha programmata dopo».
Veniamo a
«Du bist die Welt für mich». Su blog e siti fioriscono i commenti positivi,
spesso preceduti da frasi come «non ci aspettavamo un disco così bello» o
«avevamo dei pregiudizi».
«Sono felice che il disco stia
piacendo perché è stata una faticaccia, un “labour of love”. Adoro questi
evergreen: non credo affatto che le musiche di Lehár, Kálmán, Stolz,
Abraham, Benatzky, Heymann e compagnia siano kitsch o di seconda categoria,
e neppure che i testi di autori come Raymond Gilbert siano triviali. Mi
chiedo come si possano ancora avere dei dubbi. Quando Richard Tauber divenne
una pop star con Lehár c’era il terrore che abbandonasse l’opera e i lieder.
Non l’ha fatto. E tutti quelli che hanno seguito il suo esempio, da Rudolf
Schock a Nicolai Gedda a Fritz Wunderlich, da Pavarotti a Domingo, certo non
hanno perso in reputazione o in integrità».
E come
avvicinare a questo repertorio il pubblico italiano che non sa chi è Richard
Tauber? Forse con il fascino melodico? O col fatto che sia una musica molto
gioiosa e che pure fu composta durante la Repubblica di Weimar, ai tempi di
una crisi nerissima?
«E’ quella la risposta! Questa musica
parla da sola, e con una gamma di colori molto varia, dai toni pucciniani
delle arie per tenore di Lehár, difficili come il Nessun dorma, alle canzoni
pop e molto anticipatrici di Abraham, Stolz e Benatzky».
Come se la cava da divo e sex symbol della lirica? Nel packaging del
disco è compreso anche un calendario.
«Non credo di far la
vita del sex symbol. Certo ogni tanto si fa riferimento al mio aspetto
fisico: se viene considerato un valore aggiunto sono contento, no di certo
se si pensa che sia l’unico motivo del mio successo. Ma per fortuna molti mi
considerano un tenore e basta». |
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