musica, maggio 2013
Roberto Brusotti
 
Wagner *****
 

In questo recital Jonas Kaufmann si propone in sei ruoli wagneriani, dei quali soltanto la metà già affrontati sul palcoscenico: eppure, almeno in disco, il tenore bavarese non appare meno convincente nei panni di Siegfried o Tannhäuser che come Lohengrin o Stolzing. Mi ha colpito in particolare la scena della foresta dalla seconda giornata della Tetralogia, in cui sbalza un eroe-fanciullo di tinta baritenorile, introverso ma facile agli slanci, arricchito da moltissime sfumature espressive: dalla tenerezza verso la madre mai conosciuta, al brivido di « Sterben die Menschenmütter an ihren Söhnen alle dahin? », al sorriso con cui rinuncia a imitare con la canna il canto dell'uccello; una prova capace di vincere molti confronti nella discografia. L'orchestra berlinese ha ovviamente qui modo di mettersi in luce, così come nella Romerzählung da Tannhäuser, altra prova davvero convincente, ricca di annotazioni e sempre cantata, anche nei momenti più concitati; anche per il Minnesänger Kaufmann sembra possedere la «grana» e la capacità di comunicarne i tormenti.

Il tenore afferma di aver scelto «Ein Schwert verhiess mir der Vater » dalla Valchiria attratto in primo luogo dalla sfida dei Wälse-Rufe: il Sol bemolle e il Sol naturale, tenuti a lungo, sono in effetti elettrizzanti, e ancora più luminoso il Sol su «Herz » sette battute dopo; anche se una voce di pasta un poco più chiara è avvantaggiata nel riempire di luce e colori l'evocazione di Sieglinde, questo Siegmund incide nella memoria per il timbro scuro, perfetto per i passaggi più virili e ombrosi. Il suo «Am stillen Herd» dai Maestri Cantori suona invece cavalleresco, concluso da un efficace trillo sul Mi naturale; ma la curiosità del recital è «In fernem Land », proposto nella Urfassung che comprende una seconda strofa. L'attacco in mezzavoce è molto suggestivo; e ricco di magia è tutto il racconto, innervato da un ardore a stento trattenuto. Morbida la mezzavoce sul Mi di «Taube », squillanti tutti i La naturali, anche se su «Ritter» Kaufmann ricorre al classico trucco di pronunciare una « a» per non chiudere subito la gola.

Nell'intervista contenuta nel booklet, Kaufmann evoca per la versione originale del brano il precedente della registrazione di Franz Völker (1936): due vocalità agli antipodi. Nel caso del grande predecessore avvince subito la voce proiettata interamente sul fiato, l'uniformità tra i registri, e una maggiore naturale plasticità della dizione; dal suo Lohengrin promana un più evidente carattere aristocratico e sovrumano, anche se forse il personaggio di Kaufmann risulta più sfaccettato. Ma è soprattutto nella Preghiera di Rienzi che Völker (1930) vince per naturale nobiltà: le sfumature dinamiche sono ridotte, ma grazie all'eloquenza intrinseca il personaggio emerge con forza, assorto ed eroico, e il finale suona davvero poetico. Kaufmann deve «faticare» molto di più per incidere espressivamente, e inoltre il suo attacco in mezzavoce gli attirerà le critiche di chi lo accusa di avere un'emissione gutturale. Ma appaiono incontrovertibili anche le qualità: il legato mantenuto anche sulle note ribattute, la credibilità del canto fiorito, l'elettrizzante «Schenk uns den Abglanz deiner Macht / die sich in Ewigkeit erstreckt! ». Se scendiamo a confronti più realistici, ad esempio con un altro tenore wagneriano di successo dei nostri giorni come Klaus Florian Vogt, che ha inciso la stessa aria in un recentissimo recital Sony, semplicemente non c'è match: la voce è molto più chiara ed esile, pochissimi i colori a disposizione, il registro acuto più scoperto, il fraseggio scolastico e povero di dettagli.

A completare il palinsesto vengono inusualmente chiamati i Wesendonck-Lieder. Anche se nel titolo originale la raccolta viene attribuita esplicitamente a una voce femminile, Kaufmann non è certo il primo tenore ad affrontarli (in passato ad esempio li ha incisi René Kollo), e soprattutto all'epoca di Wagner nessuno avrebbe sottilizzato. Inoltre questa sorta di lavoro a quattro mani tra Richard e Mathilde è basato su una sublimazione simbiotica del loro rapporto che include l'orizzonte di un annullamento delle differenze tra i sessi. Personalmente trovo soltanto «Schmerzen» inadatto a una voce maschile, risultando inevitabilmente un po' esteriore (e qui addirittura appena truce); stanno ovviamente benissimo addosso a un tenore wagneriano, invece, le tinte tristaniane di « Im Treibhaus », studio preparatorio per il Preludio del terzo atto. Per questo Lied desolato l'atteggiamento interiorizzato di Kaufmann è perfetto, considerazione estensibile anche a «Träume », proposto in maniera molto intima, accordata alla natura ipnotica del brano: molto affascinante il morbidissimo attacco, e lodevole l'attenzione alle prescrizioni dinamiche ed espressive. Che vengono invece stranamente (per le consuetudini del tenore) trascurate nell'iniziale «Der Engel »: vedi le ripetute messe di voce (ad esempio su «Erlösung») e l'indicazione «con entusiasmo» a «Führt er ferne». Probabilmente si tratta di una scelta consapevole, dovuta alla volontà di non turbare un'espressione trasognata indubbiamente in sintonia col clima trasfigurato del brano.

 

 






 
 
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