Disco superbo. Kaufmann vi ribadisce il suo legame con Wagner,
mentre dimostra di essere Heldentenor di riferimento, in grado
di cogliere e di realizzare le diverse sfumature di questa
tipologia vocale. Basti il confronto tra «In fernem Land», qui
inciso nella versione originale, comprensiva di una seconda
strofa, e «Inbrunst im Herzen». Grazie all'eccellente tecnica
Kaufmann trova nella voce tutti i colori necessari per disegnare
la nobiltà del Cavaliere del Cigno e le contraddizioni
dell'anima di Tannhäuser, che non riesce a liberarsi dal ricordo
di Venus. Il risultato del Lohengrin è tanto più stupefacente,
se si pensa che Kaufmann deve lottare con una prima ottava che
non presenta certo sonorità lucenti. Ma l'intelligenza
dell'interprete utilizza queste risonanze per dare a Lohengrin
un'inusitata consapevolezza che sfoga poi nell'eroismo ben
rappresentato dal saldo passaggio e da una regione acuta che
trova i colori dell'eroismo. Al contrario nel «Romerzählung»
Kaufmann si serve di una tavolozza quanto mai variegata dove si
alternano suoni aspri, subdole mezzevoci, tormentata
declamazione, canto spiegato, alias tutta una serie di
situazioni nuove e diverse che vanno a disegnare un Tannhäuser
sorvegliatissimo, sempre tragico e mai teatrale, facendoci così
comprendere quale risultato Kaufmann potrebbe raggiungere se
interpretasse sulla scena l'intera opera.
L'osservazione
si può estendere alla preghiera del V Atto del Rienzi,
«Allmächt'ger Vater, blick herab». Kaufmann ne onora la
tessitura con la pienezza del medium e la virilità del registro
acuto, ne asseconda e sostiene la linea cantando sempre la
melodia e non cedendo mai alla tentazione di una declamazione
vicina al parlato. Intanto conferisce alla pagina tutta la
concentrazione spirituale che il momento ed il personaggio
richiedono con il risultato di metterci di fronte ad
un'esecuzione che nel dopoguerra non ha confronti e che può
rivaleggiare, pur nella differenza delle voci, con quella mitica
di Lorenz.
Il Monologo della Spada da Die Walküre e
quello di Siegfried «Daß der mein Vater nicht ist» mettono in
risalto sia la capacità di rendere l'eroismo, così diverso dei
due personaggi, sia di realizzarlo con moderna sensibilità. Da
qui derivano un Siegmund eroico, bastino i sol di «Walse», per i
quali Kaufmann guarda al modello di Melchior, eppure tormentato
o un Siegfried la cui adolescenziale ingenuità è realizzata
attraverso un canto che potremmo definire leggero, fatto di
colori sfumati, di accenti delicati. Non siamo d'accordo con la
scelta di includere nel disco «Am stillen Herd» dai
Meistersinger von Nürnberg. È un'esecuzione di alto livello.
Eppure tutti gli sforzi di Kaufmann non possono cancellare
quelle risonanze baritonali del timbro che non si addicono a
Walther e che gli tolgono un poco della sua giovinezza.
Deve invece considerarsi felice la scelta di chiudere il
programma con i Wesendonck-Lieder. Kaufmann conferma di essere
eccellente liederista per l'ineccepibile musicalità, per la
proprietà dello stile, giustamente lontano da fastidiosi
cedimenti teatrali o drammatici, oltre che per l'arte di
lavorare sul suono e sulla parola senza soluzione di continuità.
E una lettura severa che non ammette scarti, condotta con
irreprensibile controllo, ma viva e vissuta a conferma che il
vocalista non si dimentica mai di fare delle sue qualità uno
strumento per interpretare.
Non siamo dunque di fronte ad
un tenore, ma ad un artista che è qualcosa di più e di meglio.
Donald Runicles fornisce a Kaufmann la giusta cornice, con
una direzione sempre pertinente. Nel Lohengrin l'intervento del
Re è affidato al bass-bariton Markus Brück. L'incisione è
superlativa, come solo la Decca sa fare, mentre le note
confermano l'intelligenza di Kaufmann. Niente inutili
informazioni sulle composizioni presentate, ma un'intervista al
tenore che con competenza e precisioni discute di Wagner e dei
problemi legati all'interpretazione delle sue opere.
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