L'opera, aprile 2013
di Giancarlo Landini
 
Jonas Kaufmann - Wagner
 

Disco superbo. Kaufmann vi ribadisce il suo legame con Wagner, mentre dimostra di essere Heldentenor di riferimento, in grado di cogliere e di realizzare le diverse sfumature di questa tipologia vocale. Basti il confronto tra «In fernem Land», qui inciso nella versione originale, comprensiva di una seconda strofa, e «Inbrunst im Herzen». Grazie all'eccellente tecnica Kaufmann trova nella voce tutti i colori necessari per disegnare la nobiltà del Cavaliere del Cigno e le contraddizioni dell'anima di Tannhäuser, che non riesce a liberarsi dal ricordo di Venus. Il risultato del Lohengrin è tanto più stupefacente, se si pensa che Kaufmann deve lottare con una prima ottava che non presenta certo sonorità lucenti. Ma l'intelligenza dell'interprete utilizza queste risonanze per dare a Lohengrin un'inusitata consapevolezza che sfoga poi nell'eroismo ben rappresentato dal saldo passaggio e da una regione acuta che trova i colori dell'eroismo. Al contrario nel «Romerzählung» Kaufmann si serve di una tavolozza quanto mai variegata dove si alternano suoni aspri, subdole mezzevoci, tormentata declamazione, canto spiegato, alias tutta una serie di situazioni nuove e diverse che vanno a disegnare un Tannhäuser sorvegliatissimo, sempre tragico e mai teatrale, facendoci così comprendere quale risultato Kaufmann potrebbe raggiungere se interpretasse sulla scena l'intera opera.

L'osservazione si può estendere alla preghiera del V Atto del Rienzi, «Allmächt'ger Vater, blick herab». Kaufmann ne onora la tessitura con la pienezza del medium e la virilità del registro acuto, ne asseconda e sostiene la linea cantando sempre la melodia e non cedendo mai alla tentazione di una declamazione vicina al parlato. Intanto conferisce alla pagina tutta la concentrazione spirituale che il momento ed il personaggio richiedono con il risultato di metterci di fronte ad un'esecuzione che nel dopoguerra non ha confronti e che può rivaleggiare, pur nella differenza delle voci, con quella mitica di Lorenz.

Il Monologo della Spada da Die Walküre e quello di Siegfried «Daß der mein Vater nicht ist» mettono in risalto sia la capacità di rendere l'eroismo, così diverso dei due personaggi, sia di realizzarlo con moderna sensibilità. Da qui derivano un Siegmund eroico, bastino i sol di «Walse», per i quali Kaufmann guarda al modello di Melchior, eppure tormentato o un Siegfried la cui adolescenziale ingenuità è realizzata attraverso un canto che potremmo definire leggero, fatto di colori sfumati, di accenti delicati. Non siamo d'accordo con la scelta di includere nel disco «Am stillen Herd» dai Meistersinger von Nürnberg. È un'esecuzione di alto livello. Eppure tutti gli sforzi di Kaufmann non possono cancellare quelle risonanze baritonali del timbro che non si addicono a Walther e che gli tolgono un poco della sua giovinezza.

Deve invece considerarsi felice la scelta di chiudere il programma con i Wesendonck-Lieder. Kaufmann conferma di essere eccellente liederista per l'ineccepibile musicalità, per la proprietà dello stile, giustamente lontano da fastidiosi cedimenti teatrali o drammatici, oltre che per l'arte di lavorare sul suono e sulla parola senza soluzione di continuità. E una lettura severa che non ammette scarti, condotta con irreprensibile controllo, ma viva e vissuta a conferma che il vocalista non si dimentica mai di fare delle sue qualità uno strumento per interpretare.

Non siamo dunque di fronte ad un tenore, ma ad un artista che è qualcosa di più e di meglio.

Donald Runicles fornisce a Kaufmann la giusta cornice, con una direzione sempre pertinente. Nel Lohengrin l'intervento del Re è affidato al bass-bariton Markus Brück. L'incisione è superlativa, come solo la Decca sa fare, mentre le note confermano l'intelligenza di Kaufmann. Niente inutili informazioni sulle composizioni presentate, ma un'intervista al tenore che con competenza e precisioni discute di Wagner e dei problemi legati all'interpretazione delle sue opere.

 

 






 
 
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