Musica,, Dicembre 2009/Gennaio 2010
L’inaugurazione del Teatro alla Scala
Jonas Kaufmann
Il mio Don José
Carmen è stata una delle prime opere che ho visto in vita mia, a Monaco di Baviera con José Carreras nel ruolo di Don José. E anche se l’ho debuttato soltanto nel dicembre del 2006, al Covent Garden sotto la bacchetta di Antonio Pappano, l’ho sempre ritenuto una delle opere migliori per il tenore perché il personaggio si sviluppa notevolmente nel corso della vicenda. Ci sono tanti personaggi operistici che non conoscono nessuna evoluzione nel tempo - ciò vale anche per Carmen, che rimane sempre uguale a se stessa - ma per José il mondo cambia ogni cinque minuti; deve abituarsi continuamente a situazioni diverse. Nel romanzo di Merimee, nel quale José è il protagonista assoluto, aveva già ucciso qualcuno prima di conoscere Carmen, e ciò spiega - all’inizio dell’opera - il suo desiderio di rispettare le regole, di svolgere una vita ordinata: si tratta per lui di una seconda chance che non deve sprecare. Ecco perché nelle prime scene è quasi assente: non partecipa a ciò che avviene intorno a lui. Si lascia coinvolgere solo quando Carrnen gli getta il fiore: quel gesto ha la forza di una bomba che esplode dentro la sua vita, che lo porta alla trasgressione, alla fuga e alla perdita di controllo.

Tutto ciò può esseré avvertito già nell’aria del fiore nel secondo atto. Un’aria che avevo studiato ben prima di cantare l’opera intera ma che si capisce totalmente solo all’interno del contesto drammaturgico. In quest’aria Don José si trova in un momento critico della sua vita. Come tutti gli uomini, non ama parlare dei suoi sentimenti. Ma Carmen lo mette così sotto pressione che alla fine non ha scelta: racconta com’è nata la passione per lei, ma per farlo deve quasi fare una violenza a se stesso e si rende nel contempo molto vulnerabile. E questa vulnerabilità porta poi alla paura e all’aggressività. E come un animale chiuso in un angolo. I contrasti dinamici indicati da Bizet danno un’idea di questa lotta interiore, di una tensione che sta per esplodere e poi viene repressa. E per comunicare questa tensione è molto importante rispettare il piano voluto dal compositore nella frase culminante che sale al Si bemolle acuto. Un’altra caratteristica dell’aria sono le piccole pause, così brevi che non ti danno neppure il tempo di deglutire tra una frase e l’altra, ma che comunicano l’idea di un racconto totalmente spontaneo, in cui José cerca le parole giuste per esprimere ciò che ha provato. E un po’ simile all’effetto che si crea in « E lucevan le stelle » di Cavaradossi nell’ultimo atto di Tosca. Del resto non si deve mai lasciarsi incatenare dagli automatismi quando si interpreta un’aria. Si deve dare l’impressione che la musica nasca dalle necessità espressive del personaggio. Nell’alle stimento scaligero è decisamente Carmen, non Don José, a occupare il centro dell’attenzione, ma credo che avro spazio sufficiente per sviluppare il personaggio come lo vedo io.






 
 
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